CRESCITA, GUTGELD, L’ECONOMISTA DI RENZI: RIDURRE L’IRPEF SU FASCE MEDIO BASSE

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CRESCITA, GUTGELD, L'ECONOMISTA DI RENZI: RIDURRE L'IRPEF SU FASCE MEDIO BASSE

(Public Policy) – Roma, 30 lug – “Non è il programma di
Renzi, ma una piattaforma messa a disposizione del Paese,
del Partito democratico e aperta a tutti”. Yoram Gutgeld,
deputato del Pd, israeliano, studi in Usa ed ex McKinsey,
tiene a precisarlo al convegno dei “renziani”:

“Il rilancio parte da sinistra”, ma la relazione base su cui
intervenire e riflettere è sua e al tavolo, oltre a Dario
Nardella, ex vicesindaco di Firenze, ci sono Alessandro Profumo
(Montepaschi) e Fabrizio Landi, Cassa di Risparmio di
Firenze, mentre in platea si notano il ministro Graziano
Delrio, Paolo Gentiloni e Giovanni Legnini.

Gutgeld, premesso che “il problema dei problemi per
l’Italia è la qualità della sua classe dirigente“, avanza
una serie di idee: “L’unico modo per riattivare i consumi
nel brevissimo periodo è ridurre l’Irpef in modo
significativo alle fasce medio basse, in ragione di 100 euro
al mese”.

Per finanziare la misura, Gutgeld propone di privatizzare
parte del patrimonio pubblico, ma non solo quello
immobiliare, ma anche “quote di Eni e Enel”.

Altra misura da attuare nell’immediato “un grande piano di
inserimento di 500 mila giovani nel mondo del lavoro,
finanziato con tagli alle “pensioni d’oro”, che sono, a sua
valutazione, quelle oltre sette volte il trattamento minimo
Inps “senza versamenti sottostanti”.

E poi le riforme: quelle istituzionali, come lotta ai
privilegi della varie caste, e quella tributaria, agendo su
deduzioni e detrazioni, ma anche tagli alle tariffe di
assicurazione e costi dell’energia.

All’attuale assetto Gurgeld oppone “uno sviluppo con più
equità, una crescita fondata su uno stato sociale, che se
gestito bene può essere motore di sviluppo”, con un migliore
rapporto tra tasse pagate dal cittadino e servizi in
godimento, “perché oggi l’assistenza sociale va soprattutto
ai più ricchi”.

L’economista di Renzi si è soffermato a sfatare la validità
di tanti luoghi comuni oggi imperanti: uscire dall’euro: “Ci
costerebbe subito 60-70 miliardi in maggiori interessi sul
debito”; più investimenti pubblici? Dal 2000 al 2010 abbiamo
investito per 10 miliardi più della Germania, ma spendendo
male, “peggio che per la spesa corrente”;

le imprese chiudono per l’alto costo del lavoro? Vero solo
in parte: i 10 punti che ci distanziano dalla Germania sono
dovuti all’inflazione; l’evasione fiscale in alcuni casi è
“motore di sviluppo”; il taglio alla spesa “discrezionale”:
è possibile, perché, ad esempio, l’esercito in Italia costa
il doppio con metà potenza di fuoco rispetto a quello di
Israele.

Un altro colpo ad un certo terziario è venuto da Fabrizio
Landi (Menarini Diagnostic): affidando a strutture ad hoc i
40 mila anziani lungodegenti, “parcheggiati in ospedale”,
che costano oggi mediamente 330 ero al giorno, la sanità
potrebbe risparmiare 150 euro/giorno a paziente, “ma –
osserva – salterebbero molti primari”. (Public Policy)

ABA