ROMA (Public Policy) – “Secondo i dati Istat nel 2011 la quota dei lavoratori esterni sul totale degli occupati nei call center era del 40%. Nel settore dei servizi alle imprese era pari al 5%, mentre il ricorso a contratti di somministrazione riguardava il 6% degli occupati, a fronte di un’incidenza inferiore al 2% nei comparti di riferimento. Nel Mezzogiorno la percentuale di lavoro dipendente interno alle imprese ammontava al 48%”. Così la deputata Pd, Luisella Albanella, illustrando in commissione Lavoro alla Camera i risultati dell’indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano.
In sostanza: dal documento presentato dalla commissione risulta che il settore dei call center conta “il 58% dei contratti a tempo indeterminato” registrando la maggiore “fragilità per i lavoratori outbound con un turn over molto alto”. Per quanto riguarda l’età dei lavoratori “il 60% ha sotto i 34 anni e il 35% tra i 35 e i 50 anni con un’età media più elevata rispetto al passato e una grande percentuale di donne impiegate, diplomati e laureati”.
“È prioritario il ripristino dell’osservatorio di settore al fine di indirizzare e valutare l’evoluzione tecnica, economica e normativa del settore anche con riferimento al fenomeno della delocalizzazione, l’sitituzione di un registro delle società che svolgono attività di call center – ha aggiunto Albanella – e discutere della possibilità di un unico contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei call center che applichi i minimi retributivi anche ai lavoratori non inquadrati nel settore delle telecomunicazioni”. (Public Policy) FLA
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