Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – I primi numeri sull’applicazione dei limiti agli stipendi dei manager pubblici certificano quanto sia scarso il risparmio effettivo rispetto al clamore suscitato. L’introduzione del tetto alle retribuzioni è un grave errore di cui sconteremo nefaste conseguenze quando, a fronte di esigui guadagni, comincerà l’esodo dei migliori dirigenti verso il settore privato.

Il governo Monti aveva fissato il tetto di 311 mila euro per i vertici delle società direttamente controllate dal Tesoro, non quotate e senza bond in bilancio. Una misura che ha riguardato solo 20 persone in 6 aziende, per un totale di un paio di milioni di euro. Dal 2014 entra poi in vigore il decreto che individua tre fasce in base alle dimensioni dell’impresa, mentre da maggio il governo Renzi ha ridotto ulteriormente il tetto ai 240 mila euro percepiti dal presidente della Repubblica per altre 14 controllate pubbliche.

Con buona pace degli idealisti, a meno di non voler applicare un sistema diverso dall’economia di mercato, il mondo reale si basa però sulla legge della domanda e dell’offerta. Così, per qualche milione di euro di risparmio e pur di lisciare il pelo all’opinione pubblica, adesso si rischia che tutti i migliori manager fuggano dal pubblico. È inutile predicare la meritocrazia e l’aumento dell’efficienza della macchina burocratica se poi si mortifica l’alta dirigenza dello Stato.

Non sarà un caso che il governo britannico, impegnato in una severa spending review che ha già individuato 11 miliardi di sterline di possibili tagli solo per quest’anno, pur di accaparrarsi i manager migliori, ha innanzitutto stabilito l’aumento delle retribuzioni per i vertici delle aziende di Stato. Poiché non dobbiamo diventare tutti più poveri, ma tutti più ricchi, la retorica pauperista del “dagli al burocrate mangia pane a tradimento” è controproducente.

Dire che “nessun vertice delle aziende pubbliche può guadagnare più del capo dello Stato”, è mediaticamente attraente, se non fosse che le cariche elettive hanno criteri, metodi e motivazioni diverse da quelle del mondo del business. Anzi, gli stipendi dei dirigenti sono (o dovrebbero essere) il metro della loro abilità e ed è evidente che, senza un’effettiva e paritaria concorrenza, il settore privato avrà i manager migliori, obbligando il pubblico a pescare solo fra le seconde scelte.

E gli scarti non sono certo i migliori amministratori possibili, specie per colossi con decine di migliaia di dipendenti che richiedono gestioni attente e oculate. Anche non sono i nomi, ma le corrette strategie aziendali che fanno risparmiare sul serio (Public Policy)

@ecisnetto