POLITICHE 2013, CISE: LA COMPOSIZIONE DELLE LISTE ELETTORALI /SCHEDA

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(Public Policy) – Roma, 29 gen – Il Centro italiano studi
elettorali (Cise) ha pubblicato la composizione delle liste
dei principali schieramenti politici candidati alle prossime
elezioni.

LA COALIZIONE DI CENTRODESTRA
Il centrodestra si presenterà alle elezioni composto da
molte liste: Pdl, Lega, la Destra, Fratelli d’Italia, Grande
Sud, Mir, Pensionati, Intesa Popolare.

Gli esponenti del Pdl che sono riusciti a ottenere una
ricandidatura sono 194 su 310 (il 62,6%). Sono rimasti
fuori, per scelta o meno, oltre ai casi di Cosentino,
Dell’Utri, Scajola, Brancher, anche esponenti dal passato
come Lamberto Dini e Marcello Pera, e ‘uomini chiave’ come
Enzo Ghigo (piemontese), l’emiliano Filippo Berselli e il
siciliano Domenico Nania.

Il Cise ha fatto una simulazione in cui assegna al
centrodestra il premio di maggioranza al Senato per tutte le
Regioni in bilico: Lombardia, Veneto, Sicilia, Campania.
In questo modo viene assegnato al Pdl un totale di 173
parlamentari: 89 deputati e 84 senatori. La stima tiene
conto anche delle pluricandidature (Berlusconi è capolista
in tutte e 18 le Regioni al Senato; Alfano è capolista in 4
circoscrizioni alla Camera; Barani è inserito in due
posizioni eleggibili al Senato).

Di questi 173 eleggibili, 133 sono parlamentari uscenti
(76,9%), 128 provengono dal Pdl mentre 5 sono esponenti di
piccoli partiti.

Altro dato importante è la rappresentanza di genere: dei
173 eletti prevedibili per la lista Pdl, solo 36 (il 20,8%)
saranno donne. Il dato è lievemente maggiore rispetto a
quello che caratterizza l’insieme degli uscenti, che si
attesta al 16,4%.

I DATI RELATIVI AL PD
Le Unioni regionali del Pd hanno a disposizione le varie
graduatorie provinciali, con cui compilano le liste che
corrispondono al 90% del totale dei posti. Il restante 10%,
che riguarda le posizioni di vertice e certamente
eleggibili, sarà inserito in lista direttamente dalla
Direzione nazionale, su proposta del segretario Bersani: si
tratta del cosiddetto ‘listino’.

I 44 capilista saranno decisi anch’essi dal segretario,
anche se, in questo caso, è previsto che questo si consulti
con i segretari regionali. Lo stesso regolamento prevede su
questo punto una totale discrezionalità: il numero dei
capilista è escluso dal calcolo dei candidati, perciò non
sono automaticamente compresi né nel 10% riservato al
segretario, né al 90% selezionato dagli elettori.

Il Cise ha svolto una
simulazione ad un livello ancora ‘parziale’ ma con cui è
possibile, comunque, fare delle previsioni su quanti e quali
saranno i candidati democratici che saranno eletti in
Parlamento.

La previsione si basa su una simulazione che prevede un
centrosinistra che vinca sia il premio di maggioranza
nazionale alla Camera, sia tutti e 17 i premi di maggioranza
regionali del Senato, ottenendo alla fine 400 parlamentari
(esclusi quelli eletti all’estero e quelli eletti nei
collegi senatoriali trentino-altoatesini).
Delle 398 posizioni eleggibili del Pd (264 per la Camera e
134 per il Senato), 44 sono quelle dei capilista, 92 quelle
riservate ai componenti del listino e 262 assegnate ai
vincitori delle primarie. Questo numero è il minimo
riservato ai vincitori delle primarie.

“Ora che le primarie si sono tenute è possibile indagarle
sotto due profili: le prestazioni dei parlamentari uscenti
che hanno gareggiato e le quote di genere”.
Partendo dal primo profilo, secondo altre analisi, il
numero complessivo di parlamentari uscenti che ha deciso di
partecipare alle primarie era di 150, il 50,2% degli attuali
299 parlamentari democratici. Le simulazioni Cise hanno
stabilito che solo 99 sono riusciti a piazzarsi in una delle
306 posizioni eleggibili.

Una cinquantina di parlamentari uscenti ha, quindi, perso e
si troverà in una posizione in lista troppo bassa per
risultare utile all’elezione.

Fra gli esclusi anche nomi di ‘spessore’, come il
politologo Salvatore Vassallo a Bologna, Sergio D’Antoni a
Palermo, Vincenzo Vita a Roma Città e la senatrice
‘derogata’ Maria Pia Garavaglia a Verona. Le altre due
parlamentari ‘derogate’ che hanno deciso di partecipare alle
primarie, Rosy Bindi e Anna Finocchiaro, hanno invece
‘brillantemente’ passato la prova, rispettivamente a Reggio
Calabria e a Taranto.

Per quanto riguarda il secondo profilo, quello delle quote
di genere, il regolamento delle primarie presentava
indicazioni chiare: le Unioni regionali del partito devono
predisporre liste che vedano ciascun genere rappresentato
per un minimo del 40% dei posti. Risulta, così, che 143
posizioni eleggibili su 306 spetteranno a candidati donne:
ben il 46,7% del totale.

I CENTRISTI
Lo schieramento centrista ha adottato due diverse tattiche
per i due rami del Parlamento: al Senato, dove le soglie di
sbarramento sono più alte (20% regionale per le coalizioni,
8% regionale per le liste non coalizzate), si presenta con
una lista unica; alla Camera, dove le soglie di sbarramento
sono più accessibili (10% nazionale per le coalizioni, 4%
nazionale per le liste non coalizzate) si presenta con tre
liste: Scelta civica, Udc e Fli.

Secondo il Cise,
ipotizzando che Monti ottenga il 15% dei voti, allo
schieramento centrista dovrebbero andare 74 deputati (49
Scelta civica) e 35 senatori.

Nella lista per la Camera ci sono solo due
pluricandidature: quella di Alberto Bombassei (presente in
Lombardia 2 e Veneto 2) e quella di Valentina Vezzali
(presente nelle Marche e in Campania 1). Nella lista unica
del Senato le pluricandidature sono: cinque di Pier
Ferdinando Casini (presente in Lazio, Campania, Basilicata,
Calabria e Sicilia) e due di Pietro Ichino (presente in
Lombardia e Toscana). Le 49 posizioni eleggibili per la
Camera sono, quindi, occupate da 47 persone fisiche, mentre
le 35 posizioni eleggibili per il Senato sono occupate da 30
persone fisiche.

Il dato sulla rappresentanza di genere, infine, è per
entrambe le liste abbastanza ‘scoraggiante’: in Scelta
civica, su 47 persone fisiche che occupano una posizione
eleggibile, solo 10 sono donne (il 21,3%); nella lista unica
per il Senato, in perfetta coerenza numerica, esse sono solo
6 su 30 (il 20%).

LA LEGA
Sono due le novità, per quanto riguarda le elezioni
politiche: in primo luogo, la Lega ha stretto un patto con
il nuovo movimento di Giulio Tremonti (Lista Lavoro e
Libertà), garantendo all’ex ministro dell’Economia un seggio
sicuro al Senato; in secondo luogo, a differenza del 2008,
il Carroccio ha scelto di presentare le proprie liste anche
nel Mezzogiorno. La simulazione effettuata dal Cise assegna
ai leghisti il 4,5% dei voti e 44 parlamentari in tutto: 23
deputati e 21 senatori.

Nella composizione delle liste non solo sono stati
accantonati gli ex capigruppo, componenti del cosiddetto
‘cerchio magico’, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, ma
anche personalità decisamente meno schierate come Manuela
Dal Lago, Giampaolo Dozzo e Roberto Castelli. Gli unici
bossiani ad aver trovato posto, oltre al ‘Senatur’,
collocato come capolista alla Camera in Lombardia 2, sono
Giancarlo Giorgetti, che lo segue immediatamente in lista, e
il sindaco di Cittadella, Massimo Bitonci, capolista al
Senato in Veneto.

Limitato è stato l’utilizzo delle pluricandidature: il
presidente del Piemonte Roberto Cota è capolista in entrambe
le circoscrizioni piemontesi della Camera; Tremonti è,
invece, candidato al Senato, come numero 2 in Lombardia e
come capolista in tutte le altre Regioni ad eccezione di
Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Calabria.

Sarà bassissima, invece, nei gruppi parlamentari della
Lega, la rappresentanza femminile. Su 44 eletti leghisti, si
prevedono solo 6 donne (il 13,6%). Tra l’altro, 4 di esse
scatteranno solo nel caso in cui il centrodestra vinca i
premi di maggioranza regionali in Lombardia e Veneto al
Senato. Fra gli 80 leghisti uscenti, le donne erano 15 (il
18,8%). (Public Policy)

DAP