di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – Queste settimane raccontano di un rapporto tra premier e segretario del partito di maggioranza relativa in pieno stile Prima Repubblica. E che può essere l’antipasto di quanto può accadere anche in tutta la prossima legislatura.
Sullo ius soli, come nel rapporto con l’Europa in tema migranti e vincoli di bilancio, infatti, Gentiloni ha deciso di non seguire Renzi. E ne è nato, ovviamente, un contrasto che mette a rischio la tenuta dell’Esecutivo. Dopo le anticipazioni del nuovo libro (che “anticipano” tutto il libro tranne una pagina…) del segretario Pd e l’annuncio di voler tenere per cinque anni il deficit al 2,9% del Pil, dalla Commissione e dal Consiglio si sono affrettati a dire che gli interlocutori naturali sono Gentiloni e Padoan. Sul tema dei migranti, poi, mentre Matteo (Renzi..) dice “aiutiamoli a casa loro”, il ministro Minniti lavora sottotraccia in Europa per ottenere qualcosa di concreto.
In Parlamento, l’attività pre-estiva è frenetica, visto che da settembre ci sarà spazio solo per la campagna elettorale: fiducia sulle banche venete, Vaccini, decreto Sud. E poi ddl Concorrenza, Tortura e Biotestamento. Ma, soprattutto, c’è il nodo ius soli: un tema che l’emergenza immigrazione rende molto, troppo delicato e che, infatti, martedì in Cdm non è stato neppure esaminato.
Gentiloni, dicono dal Nazareno, prende tempo, conscio che i numeri a Palazzo Madama ballano troppo. Molti verdiniani si stanno defilando, in Alternativa popolare si alzano dubbi per paura di virare troppo a sinistra, specie dopo la linea salvinista tracciata del segretario Pd. I 5 stelle, Lega e Forza Italia hanno gioco facile ad attaccare il Governo. Con Renzi che preme sull’acceleratore, la strada stretta di Palazzo Madama e l’asfalto caldo e scivoloso di questi giorni estivi, il rischio incidente è troppo alto. E Gentiloni tira il freno a mano.
“La responsabilità non potrà ricadere sul Partito democratico”, ha fatto trapelare Renzi, sostenuto da Delrio e Martina. Ma Gentiloni non vorrebbe porre la fiducia, indispensabile per approvare lo ius soli prima dell’estate, perché sa che in tema di immigrazione rischia troppo. In tutto questo, oltre al premier, sono entrati in rotta di collisione con Renzi anche Franceschini, Calenda (sul ddl Concorrenza) e tutta la variegata galassia della sinistra.
In questo scenario di fine legislatura il Governo balla molto più di quanto non sia fisiologico. La verità è che talvolta è meglio un capo assoluto di un’azionista di maggioranza. Per far sentire il proprio peso, infatti, quest’ultimo tenta quotidianamente di influenzare ogni decisione, condizionare ogni dettaglio, influire su ogni procedura. In parte nel merito delle questioni, in altra solo per ribadire il proprio potere.
Se poi quest’azionista si chiama Matteo Renzi, la cui attitudine al decisionismo, la propensione al (uomo solo) al comando, l’irascibilità verso i non allineati sono caratteristiche ben note a tutti, la dinamica è ancor più evidente.
Ora, nella prossima legislatura, probabilmente proporzionale e probabilmente di “grande coalizione”, con Renzi segretario di un Pd azionista di maggioranza in Parlamento, è possibile che i contrasti tra Nazareno e Palazzo Chigi di questi giorni siano solo un antipasto di quelli che verranno serviti a partire dal 2018. (Public Policy)
@GingerRosh