Twist d’Aula

0

di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – La colpa più grave dell’ex ministra Guidi non è stata l’inopportuna telefonata, l’emendamento o la relazione con Gianluca Gemelli. La colpa più grave di Guidi, invece, è tutta nel suo scarso peso politico: non si dovrebbe sparare sulla croce rossa, ma è evidente che nessuno, dal premier al compagno, dai collaboratori ai nemici, dalle imprese ai sindacati, la considerasse al centro della scena.

Dopo le dimissioni di Guidi, Renzi si assume le responsabilità politica dell’emendamento incriminato e Boschi viene interrogata dai giudici, perché non c’è comma approvato in Parlamento senza il suo placet. L’ex ministra, invece, diventa “parte lesa”, vittima immobile di un meccanismo che l’ha travolta, quasi che su quella norma lei sia inciampata quasi per caso. Finché è stato al Mise, poi, quasi tutti i dossier più importanti finivano sul tavolo di De Vincenti, quello che per la Guidi era un “pezzo di merda”.

Ma l’ex viceministro da sempre vicino alla minoranza dem, oltre a conoscere meccanismi ed equilibri tanto da sopravvivere alla rottamazione e anzi approdare a Palazzo Chigi, era per tutti l’interlocutore affidabile del dicastero, quello con cui si doveva parlare. E lei ovviamente si sentiva scavalcata.

E non apprezzava. E non è un mistero nemmeno che il dialogo con Guidi, invece, passasse più per la famiglia naturale o per quella confindustriale che per i tradizionali canali politici. E poi emerge che il potente Luca Lotti, da Palazzo Chigi, “metteva il becco su ogni cosa” al Mise, come anche l’ex ad di Luxottica, Andrea Guerra. E anche il ddl concorrenza, arrivato in Parlamento con la firma e per iniziativa di Guidi, è stato profondamente modificato nelle sue linee fondamentali.

Insomma, oltre ai resoconti parlamentari, alle voci di corridoio, ora ci sono e intercettazioni a raccontare quanto l’ex ministra di ascendenze berlusconiane, non fosse amata (e nemmeno stimata) da Renzi e dalla sua squadra. E non sappiamo se fosse amore o un calesse, ma certo nella sua relazione con Gemelli era lei a tirare il carretto.

Il fidanzato “la sfrutta”, la tratta come “una sguattera del Guatemala”, le fa “scalare l’Everest”, “si comporta come un sultano”, sperpera “milioncini”, mentre lei “vale meno di zero”, si legge nelle intercettazioni tra i due. Insomma, lei dovrebbe gestire 150 crisi aziendali, mentre si ritrova afflitta con “camicie, cattiverie e un maschilismo da deficiente”.

Ora, Guidi è ex vicepresidente di Confindustria, donna di un’azienda potente e dinastica; difficile immaginarla col ferro da stiro in mano. Eppure, si è ritrovata debole tra i potenti, tanto da essere travolta in una inchiesta che indebolisce il governo e scatena la guerriglia politica e parlamentare.

Insomma, emerge la figura di una donna passiva, come un vaso di coccio tra quelli di ferro. Non si tratta di farne una vittima indifesa, ma di capire perché, in tempi di crisi aziendali e assenza di “Sviluppo economico”, il ministero funzionasse a corrente alternata. E, in fondo, una minima risposta arriverà con la mozione di sfiducia all’intero governo e la nomina del nuovo titolare. Aspettiamo “ad interim”. (Public Policy)

@GingerRosh