Un anno di Meloni

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – È passato un anno dalla vittoria elettorale del destra-centro. Un anno da quando i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni sono diventati il primo partito d’Italia. Impensabile fino a pochi anni fa per una formazione che ha vissuto tutti gli stadi della ghettizzazione, autoghetizzazione compresa. Un anno dopo tuttavia i problemi per la presidente del Consiglio sono già emersi, complice anche l’avvicinarsi delle elezioni europee. Degli alleati non ci si può fidare troppo (Matteo Salvini), l’emergenza migranti (l’Undici settembre dell’Europa, l’ha definito una volta il politologo Ivan Krastev) è tornata centrale nel dibattito pubblico, non ci sono soldi per la legge di bilancio, il super bonus sta creando non pochi problemi alle casse dello Stato. Meloni è tuttavia fortunata, per ora. Dall’opposizione non arrivano grossi turbamenti. Elly Schlein deve gestire i rapporti interni con i riformisti riottosi, Giuseppe Conte rivendica improbabili “terze vie” sui migranti, lontano dall’“accoglienza indiscriminata” del Pd, Matteo Renzi e Carlo Calenda procedono separati rubandosi a vicenda dirigenti e parlamentari.

Di tutti i problemi che Meloni ha ce ne sono due che potrebbero interessarla parecchio. Uno è la guerra. La presidente del Consiglio ha stretto amicizia politica con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, rivendicando una linea filo atlantica che non sembra convincere i compagni di viaggio leghisti. Ha più volte ribadito la solidarietà del Governo e dell’Italia all’Ucraina, stato sovrano aggredito dalla Russia di Vladimir Putin. Anche la segretaria del Pd, peraltro, ha lo stesso problema: chi l’ha scelta alle primarie di febbraio si attendeva un cambio di linea radicale sugli aiuti all’Ucraina, che per il momento non c’è stato.

Fino a quando Meloni potrà rivendicare la continuità con Mario Draghi sugli aiuti politico-militari a Volodomyr Zelensky? L’altro problema è Salvini. L’escalation del leader della Lega è destinata a durare non solo fino alle Europee.  Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, dice che la Lega è al 10 per cento. Ben lontana certo dal 34 per cento delle Europee, ma chi assicura a Meloni che Salvini non possa continuare a crescere rispetto alle elezioni politiche? Già adesso la Lega è molto aggressiva, senza però finire in zona Papeete Beach, figuriamoci che cosa potrebbe succedere all’avvicinarsi delle Europee. Chissà quale “operazione politica speciale” potrebbe scatenare Salvini, che in questi anni ci ha abituati praticamente a tutto. Che sia insomma il segretario del Carroccio l’avversario più temibile di Meloni, che a differenza di Salvini per ruolo non si può permettere strappi. Anche dove magari vorrebbe. Lo ha segnalato nei giorni scorsi Giovanni Orsina su La Stampa: “Collaborare con l’Unione europea per com’è oggi e per come sono oggi i suoi equilibri politici interni, rispettando i suoi tabù ideologici, da presidente del Consiglio della Repubblica italiana. E al contempo fare campagna elettorale opponendosi all’Unione europea per com’è oggi e per come sono oggi i suoi equilibri politici interni – un’opposizione che ideologicamente è tabù – da leader di Fratelli d’Italia e del nazional-conservatorismo continentale. Incontrare Viktor Orbán a Budapest il 14 settembre e Ursula von der Leyen a Lampedusa il 17, evitando di finire lacerata dalla contraddizione, anzi provando a convertirla in un punto di forza: questa è la sfida davanti alla quale si trova in questo momento, e si troverà ancora per molti mesi, Giorgia Meloni”.

Resta da capire su chi potrà contare la presidente del Consiglio in Italia. Il primo anno di Governo è stato caratterizzato anche da una certa disinvoltura dei ministri dell’Esecutivo, troppo generosi nelle chiacchiere sui giornali mentre il Paese sembra avere la testa altrove. Secondo un recente sondaggio Ipsos del 23 settembre, sono l’occupazione e l’economia il principale problema per il 75 per cento degli italiani, seguito dal welfare al 47 per cento. L’immigrazione è un problema solo per il 26 per cento, la sicurezza solo per il 19. Questo, se vogliamo è un segnale anche per lo stesso arrembante Salvini. La stagione dell’ansia percepita del 2018, quando la Lega cavalcò le paure degli italiani alimentando una presunta “invasione”, sembra essere lontana. È il lavoro ciò di cui c’è bisogno. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)