di Sonia Ricci
ROMA (Public Policy) – “Vogliamo il superamento di tutta la riforma della Buona scuola” ma soprattutto partire dall’educazione “per una vera azione antimafia“. Perché solo “educazione” e “formazione” possono contrastare il nuovo metodo mafioso che pesca “la bassa manovalanza” nelle realtà più difficili e dove c’è un grado di istruzione più basso. Due proposte di cui si fa portavoce Paolo Lattanzio, candidato del Movimento 5 stelle schierato alle politiche del 4 marzo nel collegio di Bari città, alla Camera.
Manager di Save the Children, 38 anni, è stato uno dei fondatori di Radio Kreattiva, una web radio della legalità nata nel 2004 sotto la prima amministrazione guidata da Michele Emiliano.
D. Sulla riforma Renzi della scuola siete sempre stati molto critici.
R. Con quella legge si è cercato di costruire una scuola come se fosse un’azienda ma non sono riusciti a fare neppure quella. È un’accozzaglia di punti dove il dirigente scolastico non ha una vera pienezza di poteri, di controllo e di risorse per costruire una squadra e per far funzionare un’organizzazione di quel tipo.
D. Una delle critiche che è stata mossa alla riforma ha riguardato proprio i poteri affidati ai dirigenti.
R. La riforma ha inserito una discrezionalità molto forte. Noi vogliamo superare il problema delle reggenze. E poi c’è il problema strutturale legato alla sicurezza. Il parco scuole ha almeno almeno una cinquantina di anni, c’è bisogno di una mappatura seria dello stato dell’arte, una messa in sicurezza degli edifici e poi un piano di manutenzione e monitoraggio continuativo.
Non solo, puntiamo a ridurre il numero degli studenti per classe, ovvero massimo 22 studenti per aula, 20 se ci sono ragazzi con disabilità. Più importante, poi: la scuola deve essere pubblica. Infine, è impossibile pensare a una scuola che non insegni un uso critico dei mezzi di comunicazione, anche per contrastare il cyberbullismo.
D. Nell’ipotesi che siate voi a guidare il prossimo Governo chiuderete i rubinetti delle scuole paritarie?
R. Assolutamente sì. Le forme di finanziamento devono finire, quegli istituti devono trovare da sole le risorse necessarie per avanti.
D. C’è poi l’annoso problema legato alle graduatorie ad esaurimento e d’istituto.
È un tema spinoso. Sicuramente lavoreremo per garantire l’assunzione dei precari facendo un quadro preciso dei bisogni della singola scuola. Così per le università. Si entrerà solo per concorso e graduatorie, poi chi si trova già in graduatoria e in situazioni ‘spurie’ non verrà abbandonato. È il caso dei diplomati magistrali.
D. Queste sono le proposte. E le risorse per realizzarle?
R. Siamo ancora molto indietro per quanto riguarda l’istruzione. Dobbiamo fare degli investimenti tali da portare l’Italia almeno al livello europeo. Puntiamo ad aumentare la risorse per un punto percentuale rispetto al Pil, passando dal 4% al 5%. Equivale a circa a 15 miliardi di euro da intercettare con un aumento del deficit, 5 miliardi di euro all’anno per tre anni.
D. Oltre alla scuola, negli anni, si è occupato anche di antimafia. Cosa proporrà se siederà in Parlamento?
R. Per una vera antimafia sociale si deve partire dalla scuola. Tutto si gioca sui territori, alla repressione e agli interventi di polizia si deve affiancare l’educazione e formazione. Al Sud la tendenza ad avvicinarsi alle famiglie mafiose è diventata molto particolare: secondo la Dia, non ci sono più affiliazioni mafiose tradizionali, ma c’è un enorme bacino sociale nel quale le famiglie vanno a pescare.
Il problema dell’istruzione, dell’abbandono scolastico e della mancanza del lavoro aumentano la disponibilità dei ragazzi di associarsi alle cosche mafiosi. Ormai c’è una grande diffusione della bassa manovalanza a chiamata.
D. Pensate a qualche intervento sulla giustizia penale?
R. Sicuramente interverremo. Alcune norme introdotte recentemente non sono sufficienti. Sulla prescrizione chiediamo di allungarla, mentre sulle intercettazioni telefoniche chiediamo di ampliarla anche a tutti i nuovi dispositivi digitali e a temi non solo legati alle mafie. Poi c’è il tema del whistleblowing, serve una maggiore premialità per creare quella conflittualità tra interessi. Molte cose sono state fatte in maniera incompleta. Sulla corruzione certi cambiamenti possiamo farli solo noi.
D. Cosa vi fa pensare che siate immuni da certi comportamenti?
R. Non siamo immuni, ma partiamo liberi. Non non siamo finanziati da multinazionali, mafie o da Buzzi. Sul sito da Luigi Di Maio vengono registrate tutte le nostre donazioni. Nessun partito o movimento si può dire immune però se si mette insieme il dato sulla raccolta fondi e il fatto che per candidarsi dobbiamo produrre il certificato penale si alza l’asticella della legalità. Non si può avere la garanzia scientifica ma almeno parti da una base più sicura.
D. Si è parlato molto della sua vicinanza al sindaco Pd di Bari Antonio Decaro.
R. Non sono vicino al Pd ma ho ragionato con i rappresentanti locali su progetti specifici. Hanno mosso accuse false sulla mia vicinanza a quel partito che poi sono state smentite dagli esponenti del Pd.
Negli ultimi giorni uno dei miei ‘competitor’ alle elezioni, già segretario del Pd regionale Marco Lacarra ha scritto Facebook che non mi conosce e non sa chi sono. Delle due l’una: o ero il braccio destro, come è stato erroneamente scritto, di Decaro o sono solo una persona impegnata nel sociale e che ha dato una mano su dei temi specifici. (Public Policy)
@ricci_sonia