L’autoriforma del Cnel bocciata dai senatori: cosa prevedeva

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ROMA (Public Policy) – Dalla riforma di vicepresidenza e ufficio di presidenza all’inclusione di rappresentanti di Upi, Anci e Conferenza delle Regioni. Prevedendo, anche, un aumento delle prerogative (con la predispozione, per la misurazione del benessere equo e sostenibile, di un rapporto annuale congiunto con l’Istat) e pareri “obbligatori preventivi e non vincolanti” su Def, Nota di aggiornamento e legge di Bilancio.

Si parla del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, e della sua proposta di riforma che, quasi certamente, non sarà approvata. Il ddl di riforma è stato proposto dall’ente stesso (che è titolare, secondo la Costituzione, del potere di iniziativa legislativa) lo scorso aprile ed ha iniziato nel corso della settimana, in 1a commissione al Senato, l’iter parlamentare.

Bloccandosi, però, dopo la relazione di Mario Mauro, quando quasi tutti i gruppi parlamentari presenti in commissione (Pd, FI, Gal, Mdp, Ala) hanno annunciato il proprio voto favorevole alla proposta della Lega Nord, presentata da Roberto Calderoli, di presentare, in Aula, una pregiudiziale di costituzionalità.

Motivo? Nel corso dell’esame parlamentare della riforma costituzionale Renzi-Boschi, respinta nel referendum del 4 dicembre scorso, vi era una sostanziale convergenza delle forze politiche sull’opportunità di sopprimere il Cnel: per questo, per Calderoli, sarebbe “incongruo avviare l’esame di un disegno di legge di iniziativa” dello stesso organo che “ne lascia sostanzialmente inalterata la composizione e ne amplia le prerogative“.

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IAC