CARCERI: ACCORDO ROMA-IL CAIRO, 500 GLI EGIZIANI DETENUTI IN ITALIA /SCHEDA

0

(Public Policy) – Roma, 4 dic – Sono oltre 500 i cittadini
egiziani che oggi scontano una pena nelle carceri italiane,
mentre nessun italiano risulta recluso in Egitto.

Numeri dati dal sottosegretario agli Esteri Marta Dassù, in
III commissione alla Camera, durante la discussione del
disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra
il Governo italiano e quello egiziano sul trasferimento
delle persone condannate (C.5586, già approvato in prima
lettura dal Senato, il 15 novembre 2012), che costerà al
nostro Paese “5.806 euro annui a partire dal 2012”.

COSA PREVEDE L’ACCORDO
È stato firmato al Cairo il 15 febbraio 2001 (Governo Amato
II), ed è “finalizzato – afferma il relatore Stefano Stefani
(Lega) – allo sviluppo della cooperazione bilaterale nel
trasferimento nello Stato di cittadinanza dei cittadini
detenuti nel territorio dell’altro Stato contraente”.

Un accordo che nasce dall’assenza di strumenti
internazionali al riguardo, visto che l’Egitto “non ha
aderito alla Convenzione sul trasferimento delle persone
condannate”, sottoscritta a Strasburgo nel 1983 e ratificata
dall’Italia nel 1988.

Il trasferimento dei
detenuti potrà avvenire se “la sentenza di condanna sia
passata in giudicato, se la parte della condanna ancora da
espiare sia pari almeno ad un anno, se il fatto che ha dato
luogo alla condanna costituisca un reato anche per la legge
dello Stato in cui il detenuto deve essere trasferito, e se
lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione siano
d’accordo sul trasferimento”.

L’articolo 6 contempla “i casi di rifiuto del trasferimento
del condannato da parte di uno dei due Stati”, che si
verificano se “la richiesta di trasferimento concerne una
pena inflitta per fatti giudicati definitivamente nello
Stato di esecuzione e per i quali la pena eventualmente
inflitta è stata eseguita o prescritta, o se la condanna è
stata pronunciata per un reato di carattere puramente
militare”.

È necessario che il detenuto “presti il proprio consenso”.
Potrà chiedere anche lui il trasferimento, ma saranno gli
Stati a verificare se “il trasferimento potrà comportare un
pregiudizio alla sovranità, sicurezza e ordine pubblico dei
rispettivi ordinamenti giuridici”. (Public Policy)

GAV