(Public Policy) – Roma, 6 nov – Il potenziale produttivo di
un Paese lo si misura in base alla qualità e complessità dei
prodotti esportati. Non è più la specializzazione bensì è la
diversificazione dei prodotti l’elemento dominante
dell’economia reale.
I ricercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del
Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) hanno.
individuato in pratica una nuova metrica per l’economia
globalizzata.
Spiega Luciano Pietronero, direttore dell’Isc-Cnr:
“Analizzando i database dell’export si osserva che a ogni
Paese corrisponde un limite massimo per la qualità o
complessità dei suoi prodotti, al di sotto del quale esiste
una vasta e variegata distribuzione di prodotti, anche molto
semplici”.
“La diversificazione, come strategia economica, richiama i
concetti della biologia sull’adattabilità delle specie. Si
potrebbe quindi ipotizzare – continua Pietronero – che in un
contesto statico la specializzazione costituisca un elemento
prioritario, mentre in un contesto fortemente dinamico come
quello dato dalla globalizzazione, la maggiore competitività
derivi al contrario dalla diversificazione”.
Per verificare tale ipotesi e quantificare l’effetto della
diversificazione, il gruppo di ricercatori ha sviluppato una
metrica non monetaria, che definisce il potenziale
industriale di ciascun paese (fitness) come somma dei
prodotti esportati, ciascuno dei quali “pesato” per qualità
o complessità.
Il confronto tra fitness e
Pil pro capite consente di definire il potenziale inespresso
(intangibile) di un Paese e quindi di prevederne lo sviluppo
economico.
“Ci si aspetta – dice il direttore dell’Isc-Cnr – che un
Paese con alta fitness e basso Pil pro capite sia destinato
a crescere, mentre uno caratterizzato da condizioni opposte
sia in una situazione di rischio, salvo che non sia ricco di
materie prime destinate all’esportazione”.
In base a questa nuova “lettura” il nostro Paese è una vera
sorpresa. Continua Pietronero: “All’interno della generale
diminuzione del potenziale industriale misurato nei Paesi
sviluppati, l’Italia conserva una fitness molto elevata, la
terza al mondo dopo Germania e Cina. L’economia industriale
italiana appare infatti fortemente diversificata e comprende
prodotti di notevole complessità, anche se i volumi di
esportazione risultano limitati, riflettendo
l’organizzazione in piccole e medie imprese che ci
caratterizza”.
Applicata alle dinamiche economiche osservate tra il 1995 e
il 2010 nei quattro Paesi Bric (Brasile, Russia, India,
Cina), la nuova metrica rivela grandi e finora non
apprezzate differenze. Precisa Pietronero: “Al contrario di
quanto avvenuto in India e Cina, il potenziale industriale
di Brasile e Russia è diminuito nel corso degli anni e
l’aumento del Pil pro capite in questi Paesi è il risultato
dell’aumento dell’esportazione di materie prime”.
In conclusione, questo studio del Consiglio nazionale delle
ricerche consente di programmare al meglio la crescita
industriale di un Paese in quanto dà modo di analizzare i
rischi e i punti di forza.
I risultati dello studio “Sviluppo di una nuova metrica
finalizzata a prevedere lo sviluppo dell’economia di un
Paese industrializzato” (A new metrics for countries’
fitness and products’ complexity) sono stati pubblicati su
“Scientific Reports”, la nuova rivista interdisciplinare del
gruppo “Nature”. (Public Policy)
SPE