Come siamo messi con i nitrati, in Italia: i numeri dell’Ispra

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ROMA (Public Policy) – Le Regioni italiane, nella maggior parte dei casi, hanno confermato per il quadriennio 2012-2015 “la designazione relativa al periodo precedente 2008-2011” (40.382 km quadrati contro 40.372) e, “pertanto, la superficie delle zone vulnerabili ai nitrati designate nel 2012-2015 è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al quadriennio precedente“. Sono dati in linea con il quadriennio antecedente, il 2004-2007, che fece registrare un valore di 40.354 km quadrati mentre nel 2000-2003 l’estensione delle zone vulnerabili era di 21.387 km quadrati, ovvero poco più della metà rispetto al valore attuale.

È quanto si legge in un documento lasciato dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in commissione Ambiente al Senato a seguito delle audizioni informali svolte la settimana scorsa sull’affare assegnato in materia di nitrati.

In ottemperanza all’articolo 3 della direttiva Nitrati, si legge nel documento, gli Stati membri devono designare come zone vulnerabili tutte quelle che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati nelle acque inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi e che concorrono all’inquinamento.

Tale indicazione è effettuata dalle Regioni italiane sulla base del monitoraggio compiuto: al 31 dicembre 2015, “sono state designate zone vulnerabili ai nitrati in 18 regioni, la cui superficie costituisce circa il 13,4% del territorio nazionale e il 29,7% della superficie agricola totale”. In materia di dati, l’ente ha specificato che tutte le informazioni fornite a Palazzo Madama siano riferite al quadriennio 2012-2015, dovendo ancora ricevere quelle relative al quadriennio 2016-2019 nel 2020, per la predisposizione della successiva relazione.

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IAC