di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Si gioca quasi tutto, Matteo Salvini, con la candidatura di Roberto Vannacci alle Europee. Si gioca la credibilità della Lega, un partito che un tempo faceva dell’antifascismo un caposaldo, rivendicato da Umberto Bossi fin dagli inizi. Se il Carroccio non supera Forza Italia, magari avrà fatto eleggere un controverso generale che non piace nemmeno ai leghisti (sopratutto quelli del Veneto); se riuscirà a prendere più consensi del partito di Antonio Tajani, il merito sarà anche di un generale dell’esercito che non vuole neanche prendere la tessera della Lega e che ha posizioni distanti dalla sua storia.
Bossi non è mai stato un progressista, ma almeno ha sempre rivendicato le radici della vecchia Lega Nord, “un movimento antifascista perché anticentralista”. Il centralismo “è da accomunare al fascismo”; “La mia è una famiglia che ha combattuto militarmente contro il fascismo, erano partigiani”. In altre occasioni si era espresso anche in termini meno diplomatici: “Noi i fascisti li teniamo sotto tiro con il Winchester”. Una volta attaccò Jean-Marie Le Pen, padre di Marine, definendolo un “fascista, supernazionalista e antieuropeista”, per poi precisare: “La Lega è contro il Super Stato europeo, contro un certo tipo di Europa. Le Pen è contro l’Europa punto e basta. C’è una bella differenza: noi diciamo che l’Europa può essere la soluzione di molti problemi a patto naturalmente che sia un’Europa confederale, un’Europa che riesca a tenere conto delle tradizioni locali… Noi siamo il contrario di Le Pen e chi ci accosta è un farabutto. Altro che razzisti e xenofobi”. Altri tempi.
La Lega di oggi, quella che candida Vannacci, non piace Bossi e nemmeno ai vecchi dirigenti del Nord. “Quella in cui ho militato per vent’anni era la Lega che aveva come simbolo Bobby Sands, non Marine Le Pen. È evidente che questa Lega è e sarà un’altra cosa”, ha detto una volta Marco Desiderati, per due mandati sindaco del comune brianzolo di Lesmo. Era un’altra Lega rispetto alla Lega di oggi. Quella di oggi candida il generale Vannacci, che ha appena rilasciato un’intervista alla Stampa per dire – fra le altre cose – che Benito Mussolini era uno statista e che i disabili dovrebbero stare in classi separate.
Contro la sua candidatura sono insorti alcuni leghisti di peso. Come il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, a “Un giorno da pecora”: “La mia opinione è nota: la Lega deve candidare leghisti, già uno che deve meditare se candidarsi o no non lo sceglierei mai. Se Vannacci sarà candidato nella mia circoscrizione non lo voterò, sceglierò uno della Lega che si è fatto il mazzo sul territorio”. Qualche giorno prima l’ex ministro dell’Agricoltura si era già espresso sfavorevolmente: “Penso sia più giusto premiare persone, militanti, amministratori ed europarlamentari uscenti che ci sono da più tempo”. Una posizione condivisa anche da altri alti dirigenti della Lega. Come Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, che pure ha usato toni meno caustici verso il generale: “Vannacci? Spero possa contribuire a fare un buon risultato; io sono molto contento dei tre candidati proposti dal Fvg. Sono possibili solo tre preferenze”, ha detto Fedriga, sempre a “Un giorno da pecora”: “Spero che le liste siano forti”, ha aggiunto Fedriga, che ha anche ricordato che i tre candidati della Lega in Friuli Venezia Giulia sono Anna Maria Cisint, Stefano Zannier e Elena Lizzi”.
La candidatura di Vannacci servirà a Salvini anche per mantenere un registro linguistico da opposizione pur essendo al governo. Un modo per differenziarsi anche da Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha esibito un certo aplomb nel suo primo anno di governo, complice anche la diversa responsabilità rispetto agli alleati. Salvini invece preferisce i toni aggressivi: per lui non esistono differenze di ruoli, perché resta sempre un capo partito più che un ministro del governo Meloni.
Il caso Vannacci e le recenti convention degli euro-sovranisti, a Firenze e a Roma, testimoniano la necessità e la volontà, per Salvini, di creare più di una seccatura alla presidente del Consiglio. Meloni sta insomma cercando un modo per resistere al logoramento. Tant’è che si candida in prima persona alle Europee. Ma il più in difficoltà è il capo della Lega, che deve resistere anche all’autologoramento. In caso di brutto risultato, i primi a protestare potrebbero essere proprio quelli che non hanno digerito la candidatura del generale Vannacci. E qualcuno che finora non ha parlato, potrebbe farlo dopo. Magari Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. (Public Policy)
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)