Dalla riforma Cartabia alla lotta contro le mafie: parla Rossomando

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di Riccardo Pieroni

ROMA (Public Policy) – Completare la digitalizzazione del servizio giustizia e adottare un piano nazionale contro le mafie. Valorizzare gli strumenti di giustizia riparativa e portare avanti una riforma delle professioni penitenziarie. Favorire “una massima vigilanza” sui fondi del Pnrr.

Sono queste alcune delle proposte avanzate da Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia e diritti del Partito democratico. Membro della commissione Giustizia, Rossomando sarà candidata come capolista per il Pd alle prossime elezioni del 25 settembre nel collegio plurinominale Piemonte 1 del Senato.

D. Senatrice Rossomando, nel programma del Pd si parla di “completa digitalizzazione del servizio giustizia”. Quali proposte avete al riguardo? 

R. Bisogna completare la digitalizzazione del servizio giustizia sia con riferimento al civile ma soprattutto al penale. Quando parliamo di digitalizzazione non dobbiamo pensare solo allo strumento: manca ancora una visione che assuma l’obiettivo di cambiare e innovare anche l’organizzazione. Per esempio c’è un’importante questione che riguarda la messa in comune di banche dati alle quali possono attingere i magistrati su una serie di questioni e di decisioni.

Si tratta di uno strumento che apre a una serie di possibilità che si traducono in contenimento dei tempi, condivisione di esperienze e di dati e, ovviamente, anche qualità del servizio giustizia.

D. Negli ultimi mesi il Parlamento è stato impegnato con le riforme Cartabia: Consiglio superiore della magistratura, processo penale e processo civile. Ci sono aspetti su cui ritenete di dover intervenire? 

R. La cosa principale di queste riforme è che bisogna attuarle. Sono legate all’ottenimento dei fondi del Pnrr, non solo del comparto giustizia. Ora abbiamo i decreti attuativi di penale e civile che sono arrivati in commissione (Giustizia; Ndr). Purtroppo non sono arrivati ancora quelli del Csm.

La priorità è quella di attuare le riforme Cartabia che il Parlamento ha votato e su cui si è lavorato per raggiungere delle sintesi e degli accordi. Esse contengono delle importanti innovazioni in tutti i campi.

D. In merito alla lotta alle mafie e al riciclaggio quali interventi servono? 

R. Noi proponiamo di lanciare un piano nazionale contro le mafie che definisca obiettivi condivisi da tutte le amministrazioni dello Stato, identificando le priorità, i criteri e la valutazione dei risultati. Bisogna poi riprendere e rilanciare i lavori degli stati generali che si erano conclusi nel 2017 con la Carta di Milano.

Inoltre sosteniamo con grande forza la creazione dell’Agenzia europea antiriciclaggio. Lavoriamo e lavoreremo affinché questa Agenzia abbia sede in Italia. Serve poi una legislazione europea sulla confisca dei beni: è uno strumento prioritario su cui il nostro paese è all’avanguardia.

Bisogna intervenire sulla digitalizzazione degli scambi informativi e delle prove giudiziarie su mafie e terrorismo. Serve inoltre una riforma della legge sullo scioglimento dei Comuni per mafia perché ci sono delle criticità che vanno superate. Siamo impegnati sul fronte della lotta ai crimini ambientali e sulle agromafie, per contrastare i fenomeni criminali legati al settore produttivo agroalimentare, causa di inaccettabili forme di sfruttamento. Ci deve poi essere una massima vigilanza sui fondi del Pnrr.

D. Sulle carceri italiane: nella prossima legislatura è immaginabile portare avanti una riforma? 

R. La riforma mancante e incompiuta è quella dell’ordinamento penitenziario. Noi pensiamo che trattamenti più umani e di recupero nelle carceri siano tra l’altro il miglior presidio per la sicurezza dei cittadini. Bisogna riprendere il lavoro degli Stati generali sull’esecuzione penale che aveva fatto il ministro Orlando (allora Guardasigilli; Ndr), arricchito da una serie di contributi e di esperienze, non ultimo quello della commissione Ruotolo-Cartabia. Come Partito democratico abbiamo fatto molte agorà su questo tema, raccogliendo i contributi delle professioni che lavorano nel carcere a vario titolo e di tutto il mondo del volontariato e dell’associazionismo.

Il carcere non è l’unica risposta punitiva dello Stato: bisogna insistere sulle pene alternative così come su percorsi di recupero. Vanno poi valorizzati gli strumenti di giustizia riparativa. Inoltre serve una riforma radicale delle professioni penitenziarie, adeguare i trattamenti economici, promuovere l’ingresso di nuove professionalità e rafforzare le competenze e i ruoli.

Abbiamo poi il rammarico che la caduta anticipata del Governo ha impedito l’approvazione di due importanti provvedimenti. Il primo era quello che noi chiamiamo “Mai più bambini in carcere”, già approvato dalla Camera senza problemi. L’altro la legge sull’ergastolo ostativo. (Public Policy)

@ri_piero