di Fabio Napoli
ROMA (Public Policy) – Presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci sostiene che, in questi cinque anni di legislatura, si è distinto per aver contribuito a portare a casa diversi provvedimenti: dagli ecoreati alla legge di riforma delle agenzie ambientali. Alla notizia della sua non ricandidatura nel Pd il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda si è speso in prima persona per sostenerlo. Con un passato in Legambiente e amico personale del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (il suo nome fu tra quelli che girarono per ricoprire la poltrona di ministro dell’Ambiente quando si trattò di formare l’esecutivo post Renzi). Con un lungo post su Facebook ha spiegato le ragioni della sua non ricandidatura, parlando – tra le altre cose – di scarsa attenzione rispetto ai temi ambientali nel Pd a guida Renzi.
D. Nel corso di questa legislatura sono stati approvati diversi provvedimenti ambientali. Quali sono secondo lei quelli su cui bisogna tenere maggiormente alta l’attenzione perché hanno bisogno di essere implementati?
R. Questa legislatura, dal punto di vista parlamentare, è stata in campo ambientale, senza alcun dubbio la più forte dall’inizio del millennio. Penso, ad esempio, alla legge sugli ecoreati, alla legge di riforma delle agenzie ambientali, alla riforma della Protezione civile, ai Piccoli Comuni, ai vari ecobonus, bonus verde, bonus edilizia, sismabonus, che sono stati la vera misura anticiclica in Italia. Tutte queste leggi sono da monitorare. Anche nello Sblocca Italia ci sono alcune norme che vanno implementate, come quella sul baratto amministrativo che prevedeva di attivare la partecipazine dei cittadini su alcune politiche pubbliche, che è rimasta impantanata, o il regolamento unico comunale per semplificare e prevedere che alcuni standard ambientali facciano parte integrante del processo autorizzativo. Il sisma bonus e il bonus verde di fatto ancora non sono partiti e bisognerà capire come funzioneranno. Nel Codice degli appalti ci sono inoltre delle norme, come il green procurement sugli acquisti verdi che, se ben applicato, rappresenta una formidabile chiave per l’economia circolare. Va fatto però, ed esempio, un capitolato d’appalto tipo che ti dica che se vuoi fare quella cosa, una certa parte del materiale che usi deve essere di recupero, e questo è compito delle amministrazioni che vanno seguite con attenzione dal centro. Anche la norma sull’8×1000 per dieci anni ai beni culturali del cratere sismico del Centro Italia andrà monitorata. Quest’anno sarà il primo anno di applicazione e sarà importante capire dove e come sarà investito questo denaro perché l’area del cratere è un enorme cantiere e un enorme bacino di sperimentazioni di nuove tecniche di recupero che può essere alimentato da un flusso regolare di risorse.
D. La legge sul consumo del suolo e la riforma dei parchi sono due grandi incompiute di questa legislatura. Quante possibilità ci sono che il prossimo Parlamento le riprenda?
R. Su queste due leggi alla Camera si è raggiunto un buon punto. Sono state bloccate sostanzialmente, soprattutto per il consumo del suolo, dalla retorica e dagli opposti estremismi. Sul consumo di suolo bisogna tenere conto che non c’è nessun Paese europeo che abbia una legge in materia. Non è così semplice fare una legge del genere perché quando vai a porre dei paletti c’è un problema di coordinamento tra i vari livelli istituzionali che non è semplicissimo da districare. E sicuramente una legge sul consumo del suolo andrebbe collegata con una legge di semplificazione dell’azione in campo urbano perché con gli editti non si risolvono i problemi. Stesso ragionamento si può fare con la legge sui parchi. Come è venuta fuori dalla Camera quella legge aveva tanti passi avanti e nessun passo indietro rispetto alla normativa esistente. Per capire se nella prossima legislatura ci saranno le condizioni per farle ci vorrebbe Nostradamus, anche se bisogna dire che stando al dibattito in campagna elettorale questi temi non ci sono stati. Bisognerà vedere i numeri.
D. Il provvedimento su cui è stato più criticato è stato lo Sblocca Italia. In molti, in questa campagna elettorale, hanno detto di volerlo cambiare. Secondo lei sarebbe opportuno qualche modifica? E se potesse tornare indietro c’è qualcosa che farebbe in modo diverso?
R. Quelli che hanno detto di volerlo cambiare non lo hanno nemmeno letto. Lo Sblocca Italia dentro aveva molte cose ed è stato oggetto di scontri molto violenti. C’erano elementi buoni, penso ad esempio alla partita sul dissesto idrogeologico, e delle cose stupide, come la partita degli inceneritori. Sui rifiuti quello che stava già accadendo era che le Regioni che hanno più capacità di incenerimento assorbivano le altre ma è stata voluta fare una cosa più dirigista con il risultato di aver fatto arrabbiare tutti irrigidendo il sistema. È stato detto anche che lo Sblocca Italia ha aumentato il consumo del suolo ma non è vero niente perché secondo i dati dell’Ispra, è passato da 8 mq al secondo a 3 mq al secondo. Poi c’era tutta la parte sul petrolifero che era animata da una descrizione dell’Italia sbagliata e poi ha prodotto il referendum. Quello è stato un errore di posizionamento drammatico. Per il resto l’impostazione è positiva.
D. Qualche giorno fa la sindaca di Roma Virginia Raggi ha annunciato di voler vietare le macchina diesel dal 2025. Come valuta questa decisione?
R. Sicuramente è un fatto positivo ma va detto che Parigi le toglie nel 2020 e non solo nel centro storico ma in tutta la città. È vero anche che si tratta di un annuncio un po’ furbo perché la Raggi ha detto che il prossimo giro non farà il sindaco quindi, in sostanza, ha detto che, quando non sarà più sindaco e quindi non sarà lei a deciderlo, vuole fermare le auto a diesel nel centro storico. Detto questo l’annuncio va nella giusta direzione. Persino Marchionne, che per anni ha detto che la frontiera dell’auto elettrica era improbabile, adesso ha fatto un accelerazione dicendo che nel 2025 il 50% delle autovetture vendute nel mondo saranno elettriche o ibride.
D. La coordinatrice della campagna elettorale e candidata con Liberi e uguali Rossella Muroni ha proposto l’abolizione del ministero dell’Ambiente in favore di un dipartimento, in seno alla presidenza del Consiglio, che valuti la sostenibilità ambientale delle varie policy. Che cosa ne pensa?
R. Non so cosa Rossella Muroni abbia in mente ma questa è una stupidaggine. La presidenza del Consiglio deve sempre verificare che le politiche vadano in quella direzione. Il modello che mi sembra più interessante è quello francese, dove è stato fatto un super ministero che mette insieme Ambiente, Energia e Sviluppo economico al punto che è uno dei tre ministri di Stato del Governo.
D. Cosa ne pensa della vicenda dei rifiuti in Campania e delle reazioni del Pd su cui, in questi giorni, si è soffermato il dibattito politico?
R. Queste sono materie molto delicate sui cui la trasparenza e la cautela sono obbligatori ma non ho fatto l’esegesi dei servizi di Fanpage. È una materia molto delicata dove però l’Italia ha molto da dire anche in positivo. Abbiamo dei picchi mostruosi, per esempio la provincia di Treviso, dove ci sono 100 Comuni sopra l’80% di raccolta differenziata o il comparto dei cicli produttivi, dove siamo i primi.
D. Nel post che ha scritto su Facebook per spiegare i motivi della sua non candidatura ha parlato di una campagna elettorale e di un Pd debole dal punto di vista dei temi ambientali. A pochi giorni dal voto la pensa ancora cosi?
R. Quello che ho scritto mi sembra che sia stato completamente confermato e questo è uno dei punti che indebolisce questa campagna perché sicuramente non sono emerse visioni del futuro reali e sicuramente, da questo punto di vista, l’ambiente è un driver formidabile. È il motivo per cui il leader cinese Xi Jinping ha parlato più di ambiente che di economia al congresso del Partito comunista, ed è il motivo per cui ne parlano la Markel, Macron, Trudeau. In Italia l’unico che ne parla è Gentiloni e questo è una cosa che ha reso più debole il confronto fra visioni del Paese. Lo stesso Gentiloni ha fatto un tweet qualche giorno fa per dire, a grandi linee, che non esiste al mondo una forza di centrosinistra che non punti sull’ambiente come chiave per ragionare sull’economia e sulla società.
D. Secondo lei se il Pd dovesse scendere sotto la soglia del 20% Renzi dovrebbe fare un passo indietro?
R. È chiaro che l’assenza di centralità di un’idea di sviluppo invecchia e indebolisce la proposta del Pd, e questo lo ha reso meno capace di parlare a un pezzo ampio di Paese. È ovvio che quando ci sono delle elezioni, e questo vale in tutto il mondo, dopo si fa un bilancio delle cose che hanno funzionato e di quelle che non hanno funzionato. Sono i rudimenti della democrazia. Adesso dobbiamo aspettare con rispetto il voto degli italiani e dopo dovremo cercare di capire in che Paese siamo ed è chiaro che questo voto peserà non solo nelle dinamiche politiche istituzionali ma anche nel valutare le leadership.
D. In molti pensano che il 5 marzo l’Italia si troverà davanti ad una situazione di stallo, dal punto di vista delle maggioranze parlamentari. In un quadro del genere come valuterebbe un Gentiloni bis? E in un Governo del genere sarebbe disponibile a fare il ministro dell’Ambiente?
R. È evidente a chi gira per l’Italia che il giudizio positivo sull’operato di Gentiloni va molto al di là del Pd. Al tempo stesso il voto conterà tantissimo. Non possiamo fare ragionamenti in astratto. Da questo punto di vista siamo fortunati ad avere al Quirinale una persona robusta e seria, rigorosa dal punto di vista istituzionale come Mattarella. È difficile dire Gentiloni o non Gentiloni ma una cosa la posso dire perché l’ho verificata in tantissimi ambienti: in una Italia che sta rialzando la testa Gentiloni appare come quello che tiene unito il Paese e anche chi non è d’accordo con lui propende per vedere in lui una persona rassicurante.
D. Nel suo post su Facebook lasciava intendere di non aver intenzione di uscire dal Pd. È ancora di questa idea?
R. Si. (Public Policy)
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