Ddl Concorrenza, quando il meglio è nemico del bene

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di Viola Contursi 

ROMA (Public Policy) – Diciassette mesi e 13 giorni: tanto tempo è passato da quando il governo, a febbraio 2015, ha varato il ddl Concorrenza in Consiglio dei ministri. E in tutto questo tempo il Parlamento non è stato capace di farlo diventare legge.

Anzi, non ha nemmeno completato le due letture parlamentari, a cui dovrà per forza di cose seguirne una terza. Una storia che in questo anno e mezzo a tratti ha sfiorato il grottesco, per chi si è trovato a doverne seguire l’iter parlamentare, e che potrebbe essere riassunta con la locuzione: “Quando il meglio è nemico del bene” o, anche, “il troppo stroppia”.

Perché è vero che l’esame di quella che dovrebbe essere una legge “annuale” ha trovato vari intoppi sulla sua strada: dalla sessione di bilancio 2015 arrivata proprio mentre il Concorrenza passava dalla Camera al Senato, allo scandalo Tempa Rossa e le dimissioni del ministro competente Federica Guidi.

Ma è vero anche che in un tempo simile a quello ormai trascorso tra il varo del ddl Concorrenza da parte del Cdm e oggi (in cui si è riusciti ad approvarlo in prima lettura alla Camera e solo in commissione al Senato), una donna riesce a farsi due gravidanze e due parti.

“Colpa delle lobby, che pressano” è il mantra che si va ripetendo nei corridoi parlamentari. Le lobby pressano, è vero. E non ne fanno nemmeno mistero, vista la folla di portatori di interessi che in questi lunghi mesi ha passato intere giornate (e nottate) davanti alle commissioni di Camera e Senato che hanno esaminato il Concorrenza. Il punto, forse, però è che questa legge è già partita con handicap: è stata per così dire troppo ambiziosa nelle intenzioni, volendo affrontare troppi argomenti, a lungo negli anni rinviati, e tutti insieme.

Il governo Renzi spesso, parlando della legge annuale sulla Concorrenza, ha sottolineato orgogliosamente come sia stato il primo esecutivo a metterla in pratica. E più di una volta ha promesso che varerà una legge sulla Concorrenza anche nel 2016 e nel 2017.

Ma l’euforia rischia di scontrarsi con la realtà. Perché è già destinata a diventare un ‘monster’ incagliato in Parlamento per anni una legge di liberalizzazioni che si occupi contemporaneamente di assicurazioni, passaggio dal mercato tutelato a quello libero nell’energia e nel gas, poste, trasporti, avvocati, notai, ingegneri, farmacie, agenzie di viaggio e piattaforme come Booking, nuove realtà come Uber, pompe di benzina.

E occupandosi di così tanti mondi diversi, provando ad andare a intaccare interessi esistenti e consuetudini difficili da scardinare, rischia di occuparsi di un po’ di tutto ma senza dare ad ogni materia il giusto peso e attenzione.

Non è un caso allora che in oltre 17 mesi di lavoro il Parlamento non sia ancora riuscito a far diventare realtà il ddl Concorrenza 2015. Per altro il provvedimento approderà in aula al Senato a fine settembre e poi dovrà tornare alla Camera, presumibilmente a sessione di bilancio iniziata.

Questo potrebbe nuovamente dilatare i tempi di conversione: il Parlamento rischia di far diventare legge il Concorrenza 2015 a ridosso dei due anni dalla nascita.

E allora, e qui lanciamo al governo una proposta: non sarebbe meglio (e col senno di poi, non sarebbe stato meglio?) varare un ddl Concorrenza ogni anno, per davvero, ma con un corpo più snello, concentrando di volta in volta l’attenzione solo su alcuni comparti? La legge prescrive che si debba fare un ddl all’anno, quindi nulla vieta di trattare ogni anno solo alcuni temi specifici.

Un esempio di programma? Nel 2015 ci si poteva concentrare, ad esempio, su energia e poste. Nel 2016 sulle assicurazioni. Nel 2017 sul mondo delle professioni. In questo modo il Parlamento avrebbe avuto maggior modo di approfondire i singoli argomenti e il “pressing” delle lobby sarebbe minore, in quanto minori le lobby interessate. (Public Policy)

@VioC