Derivati, cosa ha detto Rivera in commissione Banche

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ROMA (Public Policy) – Una fotografia dello stato attuale del portafoglio derivati, oltre a una serie di valutazioni sui rischi finanziari connessi al conflitto in Ucraina e sulla trasparenza del debito pubblico.

Sono questi alcuni dei temi sollevati dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, audito giovedì mattina dalla commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, in merito all’operatività dell’amministrazione centrale dello Stato in strumenti finanziari derivati.

Il Tesoro – ha spiegato Rivera – al 31 dicembre 2021 aveva un “nozionale del portafoglio” derivati pari a “103,8 miliardi di euro, in aumento di poco superiore a 8 miliardi” rispetto a giugno 2020. La crescita è ”imputabile sostanzialmente all’effetto netto di due fattori”. Da un lato “l’incremento per la stipula di contratti di ‘cross currency swap’ per la copertura di nuove emissioni in dollari nel 2020 e nel 2021 per un controvalore complessivo di 6,8 miliardi”. Oltre a questo elemento “ci sono dei nuovi derivati che sono stati sottoscritti per l’avvio di un programma di allungamento della duration del portafoglio, con la sottoscrizione di nuovi Irs di ‘duration’ sul segmento a 30 anni (per 5 miliardi di euro)”, ha poi aggiunto il dg del Tesoro.

Questo programma è stato avviato “anche in ragione del livello dei tassi d’interesse europei che si è mantenuto particolarmente basso anche sul segmento a lungo termine, con dei valori minimi che sono arrivati addirittura in territorio negativo”, consentendo quindi di “perseguire una strategia di protezione dal rischio di tasso di interesse a condizioni particolarmente vantaggiose. Questi swap nuovi sono stati infatti sottoscritti ad un tasso medio a pagare a 30 anni di soli 32 punti base”, contribuendo a ridurre il costo medio che il Tesoro paga sull’intero portafoglio derivati.

Rivera ha poi evidenziato come nei primi due mesi del 2022, “il nozionale del portafoglio derivati ha registrato una diminuzione di 4 miliardi di euro per effetto di una ristrutturazione“. Essa “è andata ad agire su una posizione esistente allungando la scadenza e riducendo il tasso fisso con la contestuale chiusura di una opzione che potenzialmente avrebbe fatto entrare il Tesoro in un nuovo swap, con flussi di pari importo ma di segno opposto rispetto a quelli dello swap originale. Proprio la chiusura di quest’ultima opzione ha determinato la riduzione del nozionale di 4 miliardi”.

Inoltre il portafoglio derivati attuale è “caratterizzato dalla copertura del rischio di tasso di interesse e di cambio”. Con riferimento al “rischio di controparte con l’istituzione del sistema di collateralizzazione ci si è dotati di un efficiente strumento di mitigazione del rischio suddetto”. Ciò ha consentito di “attivare strategie di emissione e gestione del debito precedentemente precluse per via dei costi troppo elevati per compensare un rischio di controparte privo di forme di copertura”. Per Rivera il ricorso allo strumento “ha ormai superato ampiamente la fase iniziale ed è attivo su un’ampia parte di controparti in strumenti finanziari derivati, ponendosi come strumento ordinario di gestione”.

E in merito al debito pubblico “il livello di trasparenza del Tesoro italiano è tra i più elevati al mondo dal punto di vista della diffusione delle informazioni sulla modalità di gestione”. In particolare sul “tema dei derivati diamo un’informativa alquanto completa”, ha sostenuto Rivera.

Per quanto riguarda la vicenda della chiusura anticipata del derivato Morgan Stanley di fine 2011 il dg del Tesoro ha spiegato che se fosse rimasto in essere “avrebbe generato dei flussi di cassa e avrebbe, oggi, un valore di mercato nettamente peggiore per il Tesoro. Avrebbe generato dei flussi di cassa in uscita più elevati di quelli che sono stati pagati al momento della sua chiusura. Quindi possiamo dire, oggi, che la chiusura di quel derivato è stata, nei fatti, un vantaggio netto per il Tesoro”.

Tornando poi sul portafoglio derivati Rivera ha evidenziato come non ci siano ragioni per la chiusura delle posizioni in essere: “è nel complesso una posizione di protezione al rialzo dei tassi che nel 2021 ha prodotto una valorizzazione positiva di 10 miliardi e se dovesse esserci uno scenario di ulteriore rialzo quel portafoglio continuerà a performare esattamente in quella direzione”.

“Non ci sono, in questo momento, elementi che portino a pensare che la spesa per interessi sia significativamente superiore a quella stimata”. E per quanto riguarda l’elemento di mercato “abbiamo una ‘duration’ del debito molto lunga, e le operazioni di derivati che abbiamo realizzato dall’ottobre del 2020 a oggi hanno aiutato ad allungarla ulteriormente, e quindi il rialzo si riflette nel nostro costo complessivo del debito in tempi molto lunghi: ci vogliono più di sette anni perché un rialzo dell’1% si traduca in un aumento del nostro costo del debito dell’1 per cento”, ha affermato il dg del Tesoro.

Infine, in merito alle conseguenze del conflitto in Ucraina l’impatto “al momento è piuttosto contenuto, anzi una reazione del mercato rispetto alla crisi è stata forse più in direzione opposta, i tassi a tratti si sono abbassati perchè c’è stata una cosiddetta fuga dal rischio e questo porta a spostare risorse spesso sul debito, anche pubblico. Alcune aspettative che si sono generate, recentemente, sulla possibilità che l’Europa voglia dare una risposta comune e forte hanno anche portato negli ultimissimi giorni a una compressione dello spread rispetto al bund tedesco”, ha poi concluso Rivera. (Public Policy) RIC