Di giustizia nel Governo si occupano tutti tranne Nordio

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Giovedì scorso il Consiglio dei ministri ha licenziato il nuovo “pacchetto sicurezza”, dal quale emerge – ancora una volta – il doppio binario dell’Esecutivo Meloni sulla giustizia. Da una parte liberalismo, dall’altra populismo penale. Emerge però anche una specificità che si fa sempre più evidente con il passare dei mesi e riguarda il ruolo del ministro della Giustizia. Il decreto rave – con cui il Governo ha esordito – l’ha gestito il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La norma del pacchetto sicurezza sulle donne incinte in carcere l’ha voluta Matteo Salvini, ministro dei Trasporti. Di giustizia in questo Governo si occupano tutti tranne il ministro titolato a farlo, Carlo Nordio.

Ma che cosa prevede il pacchetto sicurezza? I punti controversi non sono pochi e secondo giuristi come la filosofa del diritto Sofia Ciuffoletti i profili di incostituzionalità abbondano. L’articolo 12 modifica l’articolo 146 e l’articolo 147 del codice penale, cancellando così il differimento della pena per le donne incinte. “Al fine di assicurare la certezza dell’esecuzione della pena nei casi di grave pericolo, si modificano le norme relative al rinvio della pena per donne incinte e madri di bambini fino a un anno di età, in modo da rendere tale rinvio facoltativo anziché obbligatorio”, ha spiegato Palazzo Chigi: “In tal modo, si allinea la norma a quella che già prevedeva il rinvio facoltativo per le madri di bambini tra uno e tre anni di età. Si prevede, comunque, che la madre con figlio tra uno e tre anni possa scontare la pena, in alternativa rispetto all’istituto penitenziario ‘ordinario’ (come è attualmente previsto), anche presso l’istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM). Nell’ipotesi di donne incinte e madri di prole fino a un anno, ove si escluda il differimento della pena per grave pericolo, si prevede sempre e comunque l’esecuzione della pena presso gli istituti a custodia attenuata”.

Eppure, dice l’Associazione Antigone, “cancellare il posticipo dell’esecuzione della pena per le donne incinte, come previsto nel pacchetto sicurezza, recludendole in carceri dove i servizi ginecologici e pediatrici sono quasi sempre inesistenti, significa mettere in pericolo la vita delle donne e dei futuri nascituri”. L’articolo 18 del nuovo pacchetto sicurezza invece introduce un nuovo reato, con l’aggiunta al codice penale dell’articolo 415-bis: “Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta è punito con la reclusione da due a otto anni”. È lecito chiedersi se verranno puniti anche gli scioperi della fame: saranno considerati atti di resistenza anche passiva? Per il solo fatto di partecipare alla rivolta, la pena è della reclusione da uno a cinque anni”, c’è scritto ancora nel nuovo articolo del codice penale. Anche qui, tuttavia, Antigone rileva un problema: “Prevedere il reato di rivolta penitenziaria e includervi anche i casi di protesta pacifica e resistenza passiva significa annichilire ogni forma di dissenso. Le battiture alle sbarre, che attirano l’attenzione su ciò che non funziona, potrebbero rientrare in questa fattispecie”.

Il primo anno del Governo Meloni sulla giustizia non suscita perplessità soltanto nel Pd (si veda la recente intervista di Public Policy a David Ermini, ex vicepresidente del Csm) ma anche dentro Forza Italia. Anche perché dietro i molti annunci del ministro Nordio è mancata la sostanza delle riforme, come testimonia il rinvio della separazione delle carriere fra pm e giudici: “All’inizio della legislatura il ministro Nordio aveva tracciato un quadro di riforme, in chiave garantista, molto ampio e articolato. Siamo sicuramente rimasti sorpresi per l’improvviso stop alla riforma della separazione delle carriere che era uno dei punti nevralgici della riforma della Giustizia”, ha detto a Public Policy il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, membro della commissione Giustizia: “Comprendo la difficoltà di far procedere, parallelamente, le riforme costituzionali del premierato e della separazione delle carriere, ma forse sarebbe stato meglio che l’annuncio non fosse arrivato tramite agenzie, bensì in un vertice di maggioranza, in cui il ministro spiegava e condivideva le ragioni del rinvio”. Tuttavia qui nessuno dell’Esecutivo spiega che cosa sta succedendo sulla giustizia. Molti annunci, molta confusione. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)