(Public Policy) – Roma, 23 ott – Il 62,4% delle società
partecipate dagli enti locali svolge attività non
assoggettate ad obblighi di servizio pubblico ed è quindi
collocabile sul mercato. Per questo, secondo i radicali,
vanno subito dismesse. Anche perchè, spiegano in conferenza
stampa alla Camera, i debiti delle società a partecipazione
pubblica in Italia ammontano a circa 45 miliardi.
COME UTILIZZARE I RICAVI: DALLE TASSE AL DEBITO
“Proponiamo – spiega Marco Beltrandi, deputato radicale
eletto nelle fila del Pd e membro della commissione Difesa –
che il ricavato sia utilizzato per ridurre le imposte locali
ai cittadini meno abbienti”. O, nei casi di Regioni o enti
locali che si trovino in una situazione debitoria già
critica, che le risorse post-dismissioni siano impiegate
“per ridurre l’esposizione debitoria con un beneficio anche
per il debito pubblico nazionale”.
Nel caso che queste società gestiscano infrastrutture di
proprietà dell’ente o della Regione – si legge nel documento
diffuso dai radicali – “le infrastrutture stesse dovranno
essere o vendute o date in gestione tramite gara a evidenza
pubblica”.
TRASPARENZA: TUTTO SUL WEB IN FORMATO APERTO
I radicali chiedono che enti locali e Regioni “rendano
pubblico, nel loro sito web, un piano esecutivo di gestione
che comprenda precisi obiettivi annuali per le società
partecipate […] gli elenchi di tutte le società appaltanti
e subappaltanti vincitrici di gare […] gli affidamenti
diretti”. A loro volta le società dovranno mettere online
bilanci e documenti amministrativi.
Regioni ed enti locali dovranno inoltre recepire alcuni
principi del decreto Brunetta (Dlgs.n.150/2009, interviene
in materia di contrattazione collettiva, di valutazione
delle strutture e del personale delle Pa, di valorizzazione
del merito, di promozione delle pari opportunità, di
dirigenza pubblica e di responsabilità disciplinare) nei
contratti di servizio delle società partecipate, pubblicando
online le informazioni relative “alle performance del
servizio, al grado di soddisfazione degli utenti e
all’utilizzo delle risorse”.
La permanenza in carica degli amministratori, sempre
secondo i radicali, dovrà inoltre essere “legata al
raggiungimento degli obiettivi fissati”.
Altro punto fondamentale,
sottolinea Mario Staderini, segretario nazionale dei
Radicali italiani, “l’istituzione dell’anagrafe pubblica dei
nominati (quella degli eletti è stata introdotta dal Governo
Monti con il dl 174/2012; ndr), per moralizzare la politica
recidendo il cordone tra enti locali e partiti italiani
finalizzato alla compravendita del consenso”.
ADOTTARE IL BILANCIO CONSOLIDATO
Il Governo Monti – hanno ricordato i radicali – “ha
finalmente reso obbligatorio il bilancio consolidato
(documento che consente di ovviare alle carenze informative
dei bilanci delle aziende che detengono partecipazioni
significative, come le holding per gli enti locali; ndr). Si
tratta ora di predisporre gli strumenti tecnici per rendere
attuabile il provvedimento”. A tal fine, alla Camera, Marco
Beltrandi ha depositato una proposta di legge per introdurre
l’obbligatorietà – per le Regioni – di tale forma di
redazione del bilancio.
DE LUCIA A BEPPE GRILLO: MAGARI VINCI, MA POI?
In chiusura è intervenuto anche il tesoriere dei Radicali
italiani, Michele De Lucia, con alcune sottolineature più
politiche: “Qui presentiamo proposte concrete, redatte da
persone come Valerio Federico, Alessandro Massari e Andrea
Granata che potremmo definire ‘radicali ignoti’. Vorrei
sapere cosa ne dicono gli altri partiti. Ho visto che Di
Pietro è passato un paio di volte dalla saletta (dove si è
svolta la conferenza; ndr): vorrei ricordare a lui, a
Vendola e a Bonelli che hanno parlato di ‘conflitto di
civiltà’ riguardo all’articolo 18, che per noi è più che
altro un conflitto di inciviltà: ricordategli che siamo nel
2012”.
E a Beppe Grillo: “Con l’analisi del sangue forse vinci le
elezioni, visto che la temperatura del Paese è calda, ma non
governi un solo minuto. A parte i cappi e i forconi, che
faceva anche la Lega 20 anni fa, c’è qualcuno che vuole
porsi il problema di cosa fare dopo le elezioni?”.
(Public Policy)
GAV