di Riccardo Pieroni
ROMA (Public Policy) – L’aula della Camera ha approvato mercoledì in terza lettura la pdl Equo compenso, dando così il via libera definitivo al provvedimento. La proposta di legge a prima firma della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e cofirmata dal deputato della Lega Jacopo Morrone in sostanza ha ripreso il testo presentato nella scorsa legislatura e non approvato definitivamente per via della caduta del Governo Draghi.
L’iter parlamentare di una proposta su cui si registrava un consenso pressoché bipartisan è durato quindi pochi mesi. La pdl infatti ha iniziato il proprio esame nella commissione Giustizia alla Camera a novembre, per poi passare nella commissione analoga di Palazzo Madama a gennaio e tornare nuovamente a inizio aprile nella II di Montecitorio.
Il provvedimento, composto da 13 articoli, non ha subito particolari modifiche dalle Camere, eccezion fatta per una piccola modifica di carattere tecnico che ha reso necessarie le tre letture della pdl. Infatti la commissione Giustizia al Senato ha approvato un emendamento M5s correttivo all’articolo 7 della pdl che conteneva un riferimento a una norma abrogata dall’entrata in vigore della riforma del processo civile voluta dall’ex ministra Marta Cartabia.
Vediamo le principali novità:
LA DEFINIZIONE
Innanzitutto l’articolo 1 della proposta di legge approvata fornisce una definizione di equo compenso, inteso come “corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale” e conforme ai compensi già previsti per una serie di professionisti. In particolare, per gli avvocati i parametri di riferimento sono indicati nel decreto emanato dal ministro della Giustizia, su proposta del Consiglio nazionale forense (Cnf), ogni due anni, come stabilisce un dm del 2012 dello stesso dicastero.
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@ri_piero