(Public Policy) – Roma, 22 nov – Luigi Federico Signorini,
direttore centrale della Banca d’Italia per la Vigilanza
bancaria e finanziaria, ne é convinto: “La crisi del debito
sovrano e il contagio alle banche hanno reso manifesta la
necessità di accelerare il processo di unificazione
economica e finanziaria nell’area dell’euro”. Signorini è
intervenuto sul tema in un’audizione alla commissione
Finanze alla Camera.
Fattori congiunturali e strutturali nel sistema economico
della moneta unica, ha spiegato Signorini, rendono
necessaria un’azione coordinata e rapida sui tre ‘pilastri’
sui quali si regge il progetto dell’unione bancaria (banking
union): un sistema unico di supervisione; un sistema di
risoluzione delle crisi; e infine un meccanismo di garanzia
dei depositi accentrati a livello europeo.
“La decisione di procedere speditamente verso un sistema di
supervisione unico (Single supervisory mechanism, Ssm) è
parte di tale processo”. Ma, ha sottolineato Signorini,
“senza una coerenza tra l’ambito della supervisione e quello
delle reti di sicurezza non si consegue, tra l’altro,
l’obiettivo di spezzare il legame tra le condizioni delle
banche e quelle degli Stati sovrani”.
I FATTORI CONGIUNTURALI
I fattori congiunturali che, per Signorini, rendono
indispensabile la messa in funzione a breve termine del
sistema bancario unificato “sono legati alla crisi
finanziaria, e soprattutto alla crisi del debito sovrano
europeo avviata dall’estate del 2011”. La crisi è stata
dovuta alla trasmissione dei problemi degli Stati sovrani
alle banche. Un legame che, ha dichiarato Signorini “va in
entrambe le direzioni”
“Nella prima direzione, dal rischio bancario a quello sovrano,
le difficoltà di alcuni sistemi bancari, in particolare
in Paesi dove le prassi di vigilanza si sono rivelate carenti,
hanno determinato un rapido deterioramento delle condizioni
di finanza pubblica; hanno posto le basi per la crisi
di quegli emittenti sovrani e per il contagio ad altre economie
e ad altri sistemi bancari”. Un sistema di vigilanza unico
“è necessario per contribuire a evitare che ciò si ripeta”.
Questo deve favorire “buone prassi di vigilanza”, ma è soprattutto
utile perché la supervisione comune, “attenua gli interessi
nazionali”, che in passato hanno consentito l’accumulo di
squilibri nei bilanci delle banche.
Quanto alla seconda direzione, dal rischio sovrano a quello
delle banche, Signorini ha chiarito come “in un paese
sottoposto a tensioni di finanza pubblica, le risorse per
salvaguardare la stabilità del sistema finanziario possono
essere insufficienti; è anche limitata la possibilità di
utilizzare meccanismi di risoluzione nazionali. Ne consegue
che le condizioni delle banche dipendono strettamente da
quelle del sovrano”.
La disponibilità di meccanismi europei per la risoluzione
delle crisi, ha rilevato Signorini, “può contribuire a
spezzare questo legame. Ma la disponibilità a mettere in
comune risorse per la costituzione di una rete di sicurezza
europea è difficile da ottenere senza controlli anch’essi
comuni”.
I FATTORI STRUTTURALI
I problemi strutturali consistono in primo luogo nella
“contraddizione” tra l’esistenza di un’area finanziaria
integrata e sistemi di vigilanza nazionali. I mercati e
intermediari sono invece transnazionali e fortemente
integrati, e per questo si comprende “quanto velocemente i
rischi in capo agli intermediari di un Paese possano
contagiare quelli di altri Paesi, con ripercussioni negative
sulla stabilità finanziaria dell’Unione.
L’identificazione, il
monitoraggio e la valutazione delle vulnerabilità sarebbero
dunque, spiega il tecnico di Bankitalia, “meglio effettuate
da un’unica autorità a livello europeo, piuttosto che
attraverso la cooperazione internazionale”.
In secondo luogo, dice poi Signorini, “un sistema di
supervisione bancaria unitario favorisce un’efficace
trasmissione della politica monetaria”. Questo punto, seppur
valido sempre in linea di principio, “diventa manifesto in
condizioni di tensione”.
Altro aspetto: “Un sistema di supervisione bancaria
unitario riduce la tendenza degli Stati membri a proteggere
i confini finanziari nazionali (ring-fencing), con effetti
positivi sul funzionamento del mercato unico e sulla
crescita economica”.
“La ‘difesa’ delle componenti nazionali ha ostacolato la
gestione coordinata della liquidità e l’allocazione del
capitale all’interno dei gruppi. Inoltre, al fine di
promuovere i sistemi bancari locali, alcuni supervisori non
hanno adeguatamente contrastato condotte rischiose degli
intermediari, quali ad esempio la concessione di credito ad
alcuni settori economici (tra cui quello immobiliare) senza
un’adeguata due diligence”.
La presenza di grandi intermediari che operano in più
Paesi, dice quindi Signorini, “richiede controlli uniformi,
eliminando sovrapposizioni e localismi, consentendo alla
vigilanza di guardare ai gruppi bancari nel loro complesso,
perseguendo la stabilità del sistema bancario europeo e
minimizzando il rischio di cattura dei supervisori da parte
degli intermediari”.(Public Policy)