Milleproroghe, dl su misura per la ‘democrazia di scambio’

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di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – Il decreto cosiddetto Milleproroghe, che oggi sbarca nell’aula del Senato, come tutti quelli dell’ultimo ventennio non è solo un contenitore omnibus di proroghe e differimenti di termini legislativi, ma un vero e proprio modello negativo della legislazione di governo.

In teoria, un provvedimento di questa natura dovrebbe essere eccezionale e non avere una natura così paradossalmente programmatica, come è quella che ha assunto in Italia. Di fatto il Milleproroghe è uno dei pochi punti fermi del calendario parlamentare ed è una delle leggi più puntuali, sensibili e servibili per la politica dell’esecutivo.

La cosa è particolarmente curiosa, considerando che laddove l’ordinamento prevede leggi con scadenze precise, queste non vengono affatto rispettate con la stessa cronometrica puntualità. Ad esempio, la legge annuale, che per espressa previsione legislativa dal 2010 avrebbe dovuto ogni anno recepire le segnalazioni dell’Antitrust e rimuovere le barriere normative alla concorrenza nel mercato dei beni e dei servizi, è stata approvata solo due volte, nel 2017 e nel 2022.

Questa negligenza si spiega col fatto che una legge che non serve a dare qualcosa a qualcuno in una democrazia di scambio, come quella italiana, non serve apparentemente a niente e a nessuno e, al contrario, danneggia chiunque dallo status quo, per quanto disfunzionale e patologico, tragga qualche tipo di vantaggio.

Al contrario, una legge che oppone almeno una barriera temporale al cambiamento dello status quo, per definizione beneficia una clientela politica precisa e potenzialmente riconoscente, anche se tutt’altro che rappresentativa degli interessi generali.

Un Milleproroghe annuale, preparato e atteso per mesi e utilizzato per recuperare tutto ciò che per ragioni tecniche e politiche non trova posto o copertura nella legge di bilancio, in teoria dovrebbe essere una contraddizione in termini, ma in pratica è diventato un corollario necessario delle politiche di spesa e della loro ‘naturale’ forza espansiva.

Spostare in avanti un termine legislativo significa, non sempre, ma molto frequentemente, prorogare il percepimento di un beneficio o la garanzia di una rendita costosi per il bilancio pubblico.

Che si tratti di interventi ampiamente condivisibili e di utilità generale – come, ad esempio, per stare al provvedimento in discussione, la proroga dei termini di completamento degli investimenti 4.0 ritardati non dall’inefficienza delle imprese, ma degli effetti collaterali della guerra di Putin all’Ucraina sui tempi e sui costi di approvvigionamento – o al contrario di ‘marchette’ palesemente particolaristiche – come l’ennesima proroga delle concessioni balneari, contro la normativa europea – il Milleproroghe è per molti versi una legge di bilancio bis, meno controllabile e meno trasparente della legge di bilancio propriamente intesa.

La centralità che questo provvedimento annuale ha conquistato nelle dinamiche legislative è sia causa che effetto di una serie di problemi tra loro inestricabilmente concatenati, ma tutti decisamente negativi per la qualità dei processi democratici e per l’efficienza dell’attività di governo.

È una causa perché qualunque proroga consolida una determinata posizione, autorizza l’attesa di una proroga futura e orienta la domanda politica in quella direzione. È un effetto perché in un quadro legislativo pletorico e particolaristico, in cui ci sono norme ad hoc praticamente per tutto e tutti, la legge Milleproroghe diventa lo strumento di autoperpetuazione di qualunque sistema eccezionale.

È vero che negli ultimi anni l’eccezionalismo legislativo ha avuto anche motivazioni oggettive – prima la pandemia e in seguito la guerra – che hanno portato la democrazia italiana verso una sorta di ‘regime speciale’. Ma è altrettanto vero che, sia pure in forme quantitativamente e qualitativamente meno abnormi – e soprattutto assai meno giustificabili – in Italia si legifera ormai per eccezioni in modo ordinario e le stesse riforme strutturali vengono adottate con modalità straordinarie, dettate dall’urgenza e dalla necessità.

Il risultato è che il quadro legislativo, esattamente come quello del bilancio pubblico, è tanto rigido quanto confuso e rigidità e confusione proseguono per inerzia, autorizzando solo interventi al margine, che si configurano come eccezioni dell’eccezione.

L’exit strategy da questo sistema è molto complessa e molto avversata, perché la democrazia italiana, cioè il rapporto tra elettori ed eletti e tra domanda e offerta politica, è assestata su questa routine.

Infine, il Milleproroghe rappresenta spesso un premio all’inefficienza, istituendo un incentivo perverso sia per la pubblica amministrazione, sia per il privato, rendendo apparentemente gratuito il fattore tempo, che comporta invece sempre dei costi, i quali, se non ricadono sulle spalle del responsabile del ritardo o dell’inadempienza, ricadono in misura maggiore su quelle della collettività.

Insomma, il Milleproroghe è così importante e ha così tanto successo come passepartout legislativo, perché è costruito su misura per i difetti di funzionamento della democrazia italiana. (Public Policy)

@carmelopalma