Francia 2022, lezione per i nostri sovranisti

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Per il momento la previsione di Emmanuel Macron del 2017 non s’è verificata. Nel suo libro Révolution, uscito sei mesi prima di vincere le elezioni, spiegò che se i francesi non si fossero ripresi, nel giro di cinque o dieci anni l’estrema destra avrebbe vinto le elezioni. Mai come stavolta Marine Le Pen rischia di centrare l’obiettivo, avendo raggiunto il ballottaggio con il 23,41 per cento contro il 27,60 per cento conquistato dal presidente uscente. A seguire, Jean-Luc Mélenchon, con il 21,95 per cento, che si è subito schierato contro Le Pen, che in questi mesi di campagna elettorale ha fortemente ammorbidito il suo profilo. Anche grazie a Eric Zemmour, che ha ottenuto un risultato deludente, appena il 7 per cento, e ha detto che voterà per Le Pen. “Con il suo oltranzismo verbale, Zemmour ha messo molto più in risalto un dato che già esisteva da tempo, ovvero la moderazione con cui la sua concorrente affronta i temi più scottanti e la sua evoluzione rispetto al passato”, ha spiegato il politologo Marco Tarchi, secondo cui Macron ha pagato negli ultimi mesi per la sua altezzosità.

Ha dunque funzionato l’operazione di auto moderazione?, chiede Public Policy a una fonte francese: “Le Pen contro Macron vince solo di sorpresa. Come Trump contro Clinton. Quindi se si radica l’idea che può vincere per davvero si attivano alcuni anticorpi. Quanto all’automoderazione di Le Pen, con il sostegno esplicito di Zemmour sarà più difficile per lei. Zemmour ha tutto l’interesse del mondo a fare naufragare la candidatura di Le Pen. Perché è l’unico modo che abbia per sopravvivere politicamente e non essere riassorbito nella galassia della famiglia”, dice ancora la fonte di Public Policy.

Ma quale lezione possono trarre i populisti e i sovranisti delle nostre parti, per ora? Risposta di Tarchi: “Premessa la grande diversità esistente fra i due contesti nazionali – la Francia conosce un livello di presenza di immigrati per ora molto più marcato, con conseguenze rilevanti sul carattere multietnico e multiculturale della sua società, e si trova di fronte ad una diffusione di problemi (islamismo, separatismo etnico e ‘di genere’ ecc.) che in Italia non sono così dirompenti –, e ammesso che di populisti e sovranisti nel nostro Paese ne esistano ancora, date le quotidiane svolte di Meloni e Salvini, il messaggio sarebbe: attenti ad abbandonare i temi che sin qui vi hanno dato forza, pensando che appiattirvi sul politicamente corretto sia la strategia giusta per conquistare il consenso di una maggioranza elettorale e assicurarvi il governo. Ma non credo che né questo messaggio, né la lezione del fallimento di Gianfranco Fini verranno ascoltati. Lega e Fratelli d’Italia, di strategia, sanno poco o nulla, e non mi pare che abbiano alcuna voglia di imparare”.

Dopo il secondo turno del 24 aprile in Francia si voterà per le legislative di giugno. Poi, niente fino al 2026 (ad esclusione delle Europee del 2024). I partiti usciti drasticamente sconfitti da questa tornata elettorale insomma non avranno più occasioni per dimostrare di essere ancora in vita. Come i socialisti. Anne Hidalgo, candidata del Ps, si è fermata all’1,7 per cento (Benoît Hamon nel 2017 prese il 6,36 per cento). Male anche Les Républicains (LR): Valérie Pécresse ha preso solo il 4,7 per cento. François Fillon nel 2017 aveva preso il 20,01 per cento. I partiti tradizionali, insomma, funzionano solo alle elezioni locali:“I Repubblicani, come il Partito socialista, hanno voluto leggere nei loro successi alle elezioni comunali del 2020, e poi alle elezioni regionali e dipartimentali del 2021, la possibilità di un rimbalzo a livello nazionale. Ma così non è stato”, ha osservato Le Monde. (Public Policy)

@davidallegranti