ROMA (Public Policy) – di Giacomo Mannheimer – Al pre-Consiglio dei ministri di giovedì scorso, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha presentato una bozza di decreto legge avente ad oggetto varie misure per il rilancio del turismo e relative alla gestione e al trattamento fiscale dei beni culturali. Tra queste ultime pare riscontrarsi, finalmente, la proposta di riduzione dell’IVA su eBook e riviste elettroniche.
In un paper pubblicato poco più di un mese fa dall’Istituto Bruno Leoni, avevamo già sottolineato l’iniquità dei diversi regimi IVA per libri tradizionali ed eBook (i primi tassati al 4%, i secondi al 22%): la notizia, pertanto, è da salutare con deciso favore. Il fatto che i prodotti editoriali siano considerati come portatori di un valore intrinseco, di natura culturale, che li rende meritevoli di maggior tutela e promozione rispetto ad altri beni e servizi (e quindi suscettibili di essere tassati con aliquote minori), può essere messo in discussione.
Ma, ammesso e non concesso che sia così, il fatto di distinguere tali beni tra cartacei e digitali non può essere giustificato in alcun modo. Se il riallineamento dell’IVA sugli eBook costituisce o meno una ventata d’aria fresca per lo sviluppo di un settore, quello dell’editoria digitale, che fuori dai confini europei sta crescendo a dismisura, resta tuttavia un interrogativo. Il decreto pare prevedere la riduzione dell’IVA sugli eBook al 10%, e non al 4%. Il mantenimento dell’IVA ordinaria al 22%, tutt’al più, poteva essere considerato come una lacuna normativa che il legislatore aveva “dimenticato”, in questi anni, di colmare. Nel momento in cui ci si mette mano, tuttavia, mantenere, pur riducendola, la disparità di trattamento dal punto di vista tributario non ha alcun senso. Visto che siamo ancora in una fase iniziale dell’elaborazione di questo riallineamento di aliquote, c’è solo da sperare che, una volta per tutte, sia portato integralmente a compimento. (Public Policy)
@glmannheimer
(pubblicato su LeoniBlog)