di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Ha vinto Elly Schlein, Elly Schlein è la nuova segretaria del Partito democratico. È finito il Pd che abbiamo conosciuto. Nasce il Pd modello Ecologia & Libertà. Laddove si dimostra che Dario Franceschini, grande sostenitore della deputata da poco iscritta ai democratici, è come il banco: vince sempre. “Un’onda travolgente cui nessuno credeva. Un’onda di speranze, di rabbia, di orgoglio, di entusiasmo che ha portato il popolo democratico a scegliere di farsi guidare verso il futuro da una giovane donna. Oggi inizia davvero una nuova storia”, ha detto Franceschini. “Se sarò segretaria caccerò via i capibastone e i cacicchi”, aveva detto Schlein pochi giorni fa. Chissà che fine faranno quelli che governavano il Pd da anni e che stavolta hanno scelto di puntare sulla fine del Lingotto, sostenendo l’ex vicepresidente della Regione Emilia Romagna. “Saremo un grande problema per il Governo”, ha detto Schlein nel suo primo discorso da leader del Pd, spiegando che ci sarà da fortificare l’unione delle opposizioni.
Dopo aver celebrato un congresso sul renzismo e l’antirenzismo, con Stefano Bonaccini timido interprete del primo e Schlein autorevole rappresentante del secondo, dopo aver organizzato primarie che hanno contraddetto il voto degli iscritti (che avevano in maggioranza scelto il presidente dell’Emilia Romagna), ecco dunque che il Pd elegge l’ex leader di OccupyPd. Il Pd ha insomma occupato sé stesso.
Il Pd ha organizzato nel 2023 un congresso su Matteo Renzi e il renzismo senza Renzi candidato e senza Renzi nel Pd. Un congresso sui miraggi, sui fantasmi. Un congresso fantasma, dunque? I fantasmi convengono, perché sono rassicuranti come le abitudini. Il Pd vive in una immensa retrotopia. L’utopia del passato, però da guardare con la nostalgia di chi sa che non tornerà, sempre che sia mai esistito, questo mitologico passato.
Quello di Schlein sarà un partito diverso dal Pd del Lingotto. Una mutazione a tratti pre-politica è d’altronde in corso da anni. Il rapporto con i 5 stelle in questi anni è stato esiziale ma significativo, perché voluto, cercato e praticato anche dai vertici del Pd, che hanno testimoniato una notevole subalternità culturale al populismo grillino. Il taglio del numero dei parlamentari è stato solo l’ultimo, anche se il più macroscopico, degli eventi di cui il centrosinistra si è reso corresponsabile, un regalo enorme ai detrattori della democrazia rappresentativa.
Di tutto questo però si è parlato poco nel congresso. Così come poco si è parlato della guerra in Ucraina scatenata dalla Russia. È passato ormai un anno dall’aggressione di Vladimir Putin, la linea di Enrico Letta sulla guerra è stata la migliore posizione politica espressa dalla sua segreteria. Dal prossimo Pd ci potremmo aspettare altrettanta nettezza, ma non è detto che ci sarà. Nel novembre scorso, parlando a la Repubblica, la futura segretaria del Pd era apparsa molto ambigua sulla questione dell’aggressione alla Russia. Favorevole a nuovi aiuti militari all’Ucraina?, le aveva chiesto il quotidiano diretto da Maurizio Molinari. “Ne discuterà il Parlamento, vengo da una cultura di pace ma non ho mai criticato chi ha scelto di supportare la resistenza ucraina nella prima fase, altrimenti staremmo discutendo del tragico scenario della vittoria di Putin che riscrive militarmente i confini europei. Ma ora è una fase diversa, sono passati molti mesi e serve uno sforzo politico e diplomatico dell’Ue per il cessate il fuoco e una conferenza di pace”. Ma intanto aiuti sì o aiuti no? “Bisogna discutere insieme i due piani, speriamo che la liberazione di Kherson possa aprire la strada a ciò che è mancato in questi mesi e che anche la piazza di Roma chiedeva”. Senza sforzi da parte dell’aggressore il dibattito sugli aiuti non rischia di essere solo un favore a Mosca? “Nessuna equidistanza è possibile, Putin può solo essere condannato per ciò che ha fatto. La pace serve a ristabilire i principi del diritto internazionale che lui ha violato”. Insomma già si capiva da quelle parole che la linea della fermezza di Letta non sarebbe resistita a lungo.
E la scissione? Bonaccini la esclude: “Da domani tutti dobbiamo dare una mano per il rilancio del Pd, sentiamo la responsabilità di metterci a disposizione, dobbiamo dare una mano a Elly. Io l’ho sempre detto: se avessi vinto avrei chiesto ad Elly di darmi una mano, ha prevalso Elly e senza chiedere nulla per me sono pronto a dare una mano”. Non è detto però che altri siano dello stesso avviso. Da Giorgio Gori ad Andrea Marcucci, che faranno gli ultimi riformisti del Pd? (Public Policy)
@davidallegranti