di Pietro Monsurrò
ROMA (Public Policy) – Si parla di negoziati tra Russia e Ucraina, ma è difficile prendere sul serio queste notizie. La sostanza è infatti semplice: la Russia non li vuole e l’Ucraina non li vuole. La forma, al contrario, è che periodicamente i russi ne parlano, ma non seriamente: chi finge che i russi vogliano negoziare è passato dall’argomento “ormai hanno vinto, la resistenza è futile”, al suo opposto “non bisogna umiliare Putin altrimenti usa l’atomica”. I “piani di pace” sono diventati ormai tentativi di congelare la situazione sul campo, che arrivano giusto in tempo per fermare la controffensiva ucraina e permettere ai russi di ricostituire le forze.
L’esito accettabile per Kyiv sarebbe ripristinare i suoi confini legittimi, violati dalla Russia nel 2014 e nel 2022. Ciò non può però essere un esito accettabile per Mosca: aver sacrificato centomila soldati, e diecimila mezzi corazzati, per perdere anche quanto avevano ottenuto a basso costo nel 2014, è inconcepibile. Ne consegue che il negoziato è oggi inutile.
Se la guerra si fermasse qui, l’aggressione russa di febbraio avrà dato dei risultati, almeno nella mente contorta dello psicopatico del Cremlino. Milioni di persone continuerebbero a vivere sotto occupazione militare di una dittatura con le mani sudicie di sangue. Se la guerra continuerà invece come è andata nell’ultimo mese e mezzo (anche se a passo rallentato per questioni non solo legate al meteo), i russi verranno espulsi gradualmente dagli oblast occupati: Zaporizhia, Kherson, Donetsk, Lugansk, e forse anche dalla Crimea, con ulteriori perdite di decine di migliaia di uomini.
Salvo improvvisi cambiamenti nelle politiche occidentali a sostegno dell’Ucraina, oppure altrettanto improvvisi cambiamenti nella politica di neutralità cinese, la Russia ha poche opzioni: senza elettronica occidentale non può produrre armi sofisticate, le scorte di armi avanzate si stanno assottigliando, e centinaia di migliaia di coscritti difficilmente avranno un addestramento e un equipaggiamento adeguati. Né le mediocri armi iraniane (ammesso che il regime khomeinista sopravvivrà alle proteste), né le limitate capacità militari bielorusse cambieranno la situazione sul campo.
La soluzione più logica per la Russia sarebbe minimizzare le perdite ritirandosi dall’Ucraina: ma Putin perderebbe la faccia, e questa soluzione è quindi incompatibile con la sopravvivenza del regime. Un nuovo dittatore, preso atto della situazione, potrebbe però ritirarsi dall’Ucraina, incolpando Putin del disastro. Ciò non è accaduto finora, e non è possibile prevedere se e quando accadrà: ma, se accadesse, la guerra finirebbe perché i russi avranno trovato un modo per uscirne senza perdere la faccia. La strategia russa attuale al contrario è mandare reclute al macello per cercare di recuperarla, quindi la guerra non finirà a breve. Un nuovo dittatore potrebbe anche decidere di continuare la politica di Putin, ma non potrà cambiare l’esito della guerra.
L’improbabile minaccia nucleare serve a creare l’impressione che la posta in gioco sia apocalittica, spingendo le opinioni pubbliche occidentali ad abbandonare l’Ucraina per paura: il problema è che nessuno ci crede. Se poi il gas continua a scendere (il prezzo TTF è crollato da 350 a 120 euro, anche se è ancora molto più alto che un anno fa, quando stava sui 40 euro), anche l’arma energetica si rivelerà spuntata. Rimangono quindi due speranze per l’aggressore: un Congresso Usa isolazionista alle mid-term elections, oppure un supporto militare su vasta scala da parte cinese. Nessuno dei due scenari sembra verosimile, ma la situazione si chiarirà nei prossimi mesi.
Il declino militare ed economico russo, nonché le frizioni interne per la crisi economica, la mobilitazione, i maltrattamenti per le minoranze etniche usate come carne da cannone, e la presenza di centinaia di migliaia di reduci armati, potrebbe portare prima o poi la Russia a preferire ritirarsi dall’Ucraina piuttosto che collassare internamente. Una tale decisione è incompatibile con la sopravvivenza di Putin, ma procrastinare per sempre questa situazione potrebbe essere incompatibile con la sopravvivenza della Russia come stato unitario. (Public Policy)
@pietrom79