di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Il 2024 di Giorgia Meloni potrebbe essere più complicato del previsto. La conferenza stampa di fine anno spostata all’inizio dell’anno, è vero, non ha segnalato particolari difficoltà. Ma non è da quella che si può valutare lo stato di salute attuale dell’Esecutivo Meloni. La presidente del Consiglio nel suo primo anno a Palazzo Chigi è diventata più abile nel non perdere la calma, per quanto ancora emergano degli sprazzi di complottismo e di vittimismo. Sembra infatti sempre che Meloni tema la rivolta di qualcosa. Tra i suoi alleati e nel “sistema” contro cui spiega di volersi scagliare. Ma magari sono solo artifici retorici. La realtà è comunque più complessa di quel che appare da certi incontri pubblici con la stampa durante i quali, peraltro, i giornalisti non possono replicare.
Anzitutto, le elezioni Europee. Giugno è sempre più vicino, Meloni è a capo del gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei. L’obiettivo è aumentare voti e parlamentari per essere maggioranza di governo senza strane contaminazioni. Ci può essere una nuova “maggioranza Ursula” più spostata a destra? L’ipotesi sembra remota, non tanto per la consistenza dell’eventuale successo elettorale, ma per l’omogeneità delle proposte politiche. Il gruppo di Meloni e quello in cui sta la Lega di Matteo Salvini, Identità e Democrazia, non sono politicamente compatibili. I tentativi di Meloni rivolti a Marine Le Pen, con l’obiettivo di farla sganciare dai tedeschi di AfD, potrebbero avere solo la funzione di far irritare l’alleato leghista. D’altronde nelle ore in cui Ursula von der Leyen sbarcava a Lampedusa, nel settembre scorso, insieme a Meloni, la leader dell’estrema destra francese andava a trovare Salvini al raduno di Pontida. La politica sarà pure l’arte del possibile, ma ha anche il limite della credibilità. Peraltro, l’accordo con l’estrema destra francese sarebbe comunque smentito, ancora una volta, dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e leader di Forza Italia (Ppe), che ribadisce sempre di non voler avere niente a che fare con “la signora Le Pen”.
Dal raduno di Atreju, comunque, la presidente del Consiglio si è rimessa addosso i panni del capo partito. Si è detta disponibile a un confronto tv con Elly Schlein, ha valutato la possibilità di candidarsi proprio alle Europee. Ha deferito il deputato eletto con Fratelli d’Italia, Emanuele Pozzolo, e chiesto al suo partito di sospenderlo in attesa della decisione di probiviri sullo sparo di capodanno. Per Meloni comunque resta un problema non secondario, quello della selezione della classe dirigente. Quando un partito cresce in maniera così vertiginosa, come è accaduto a Meloni con i suoi Fratelli d’Italia, che in 11 anni di vita è cresciuto dal 2 per cento a quasi il 30, è inevitabile che potere e governo attirino una platea più allargata di aspiranti consiglieri comunali, regionali, parlamentari. Ma è anche lì che si verificano i primi problemi.
Max Weber avvertiva che “l’agire politico è sempre dominato dal principio del ‘piccolo numero’, cioè dalla superiore capacità di manovra politica dei piccoli gruppi dirigenti. Questa piega ‘cesaristica’ è inestirpabile (negli Stati di massa)”. Che cosa succede però quando il piccolo numero non è più tanto piccolo? Che cosa succede insomma quando i partiti conquistano più voti, dunque più seggi? Che arriva chiunque. Pozzolo, peraltro, arrivava dalla Lega, dalla quale anni fa era stato sospeso. In vista delle Europee e delle altre elezioni (adesso ci arriviamo), sarà interessante vedere quali “filtri” Meloni e i suoi useranno per le candidature. Per evitare altri casi Pozzolo.
Il 2024 sarà anche l’anno delle elezioni regionali e amministrative. Le cose non vanno bene dappertutto per la destra. Tra poche settimane, il 25 febbraio, ci saranno le elezioni regionali in Sardegna. Il presidente regionale uscente, Christian Solinas, segretario del Partito sardo d’Azione, scelto in quota Lega come candidato alle ultime elezioni, ha un tasso di gradimento molto basso. Secondo Governance Poll, il monitoraggio sugli amministratori locali fatto ogni anno dal Sole 24 Ore, Solinas nel luglio 2023 è risultato essere all’ultimo posto tra i presidenti di Regione, con una percentuale del 35 per cento, scesa rispetto all’anno precedente di 4,5 punti (era al 39,5 per cento). Fratelli d’Italia non vuole più sostenerlo e chiede “discontinuità con il passato”. Per questo vuole presentare il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Che stia per saltare la celebre e rodata armonia elettorale del destra-centro? (Public Policy)
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)