Il Centro si muove: pollaio o esercito? // Nota politica

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Il ddl Zan è diventato un feticcio per la politica identitaria di centrosinistra. Chiunque abbia minimi dubbi, è un fascista o un omofobo. Dunque non ci si deve stupire se il provvedimento, una volta arrivato in Senato, è stato affossato a scrutinio segreto grazie alla “tagliola” parlamentare di Lega e Fratelli d’Italia. Il segretario del Pd Enrico Letta ha scelto consapevolmente la conta in aula, fingendo di non sapere che anche nel Pd c’erano parecchie perplessità sul ddl che porta il nome di Alessandro Zan, come aveva anche spiegato più volte l’ex capogruppo del Pd Andrea Marcucci. Chissà, forse ha ragione chi dice che Letta ne ha tratto giovamento sondaggistico-elettorale e che non vedeva l’ora di puntare il dito contro i sovranisti brutti, sporchi e cattivi. “Era molto facile fare piccole modifiche, anche verbali, ma si è strumentalizzato il tutto. Si voleva creare l’incidente e l’incidente c’è stato”, ha persino detto domenica scorsa Romano Prodi a “Che tempo che fa”: “Si poteva anche modificare all’ultimo minuto. È stata una prova di forza, la destra ha anche vinto, ma a danno di un problema su cui ci voleva un accordo”. Lo stesso Prodi, nelle settimane scorse, aveva invitato il segretario del Pd a non concentrarsi sui diritti individuali ma su quelli sociali.

A “processo”, però, è finita anche Italia viva, accusata dai dirigenti del Pd di aver tramato insieme alla destra per impallinare la legge. “Sul ddl Zan si è consumato un disastro politico, gestito con totale incapacità dal Pd di Enrico Letta, che prima ha fatto un’apertura in tv e poi ha deciso di andare al muro contro muro, giocando una partita ideologica sulla pelle delle persone. E naturalmente perdendola, come era chiaro per tutti quelli che conoscono il Senato, la politica e, soprattutto, la matematica. Si è consumata una figuraccia della classe politica, incapace di dire parole chiare sui diritti civili, tornando indietro di vent’anni: noi siamo quelli che hanno messo la fiducia sulle unioni civili, loro quelli che hanno affossato il ddl Zan. E si è consumata la consueta aggressione verbale contro Italia viva, portata avanti da Pd e 5 stelle che – incapaci di portare a casa il risultato – cercano alibi e colpevoli, dando la colpa a noi”, ha risposto Matteo Renzi in una sua eNews. L’ex presidente del Consiglio ha ricordato che Italia viva aveva espresso la sua contrarietà alla “tagliola”, contro dunque il voto segreto, chiedendo pubblicamente ed esplicitamente la modifica del ddl Zan.

Ma la parola “compromesso” non piace a questo centrosinistra. Letta potrà dunque rivendicare di essersi battuto in difesa dei diritti contro quei retrogradi che stanno alla sua destra? Possibile. Ma a chi giova regalare Renzi al centrodestra? Nel Pd, è evidente, da Peppe Provenzano a Goffredo Bettini, considerano l’ex segretario del Pd un infiltrato. Già lo era prima, quando era alla guida dei democratici, figuriamoci adesso che va a cena con Gianfranco Miccichè per siglare un patto in vista delle elezioni regionali di ottobre 2022. Non che a Renzi dispiaccia. A leggere le interviste dei dirigenti di Italia viva della settimana scorsa emerge un chiaro disegno, come dimostra anche quella rilasciata a Public Policy da Ettore Rosato, coordinatore nazionale di Iv: “Vedo che si lavora molto bene con tanti ministri, a cominciare da quelli di Forza Italia. Mariastella Gelmini poi con coraggio ha aperto un dibattito nel suo partito e mi auguro che possa aiutare a costruire un campo largo alternativo alle politiche populiste e sovraniste”. Un impegno ribadito anche dal capogruppo di Iv al Senato Davide Faraone al Corriere della Sera: “Va costruita un’alternativa con una forte discontinuità col passato, con Forza Italia ed altre forze politiche e civiche stiamo parlando di questo”.

Fin dove arriva però il ragionamento, almeno nel breve periodo? La data-chiave è quella dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Fino a quel momento, qualsiasi speculazione sull’assetto politico – intrapartitico e intraistituzionale – va presa con le molle. C’è per esempio chi, all’interno della stessa Italia viva, pensa che già alla Leopolda saranno annunciate rivoluzioni. Qualcuno pensa addirittura il superamento della stessa Italia viva a vantaggio di un contenitore centrista più largo. Non è ancora chiaro però chi saranno gli interlocutori, oltre a Forza Italia (e forse neanche tutto il partito di Berlusconi). Basta vedere che cos’è successo a Roma con Carlo Calenda. L’europarlamentare, leader di Azione, si era candidato con il sostegno dei renziani, ma dopo le elezioni c’è stata subito una spaccatura sul sostegno a Roberto Gualtieri (Calenda ha detto: restiamo all’opposizione). Difficile che con molti galli nel pollaio possa venire fuori un esercito compatto e coeso. Certo è che al centro c’è molto movimento. C’è un elettorato smarrito – ancora da quantificare – che aspetta delle risposte da una classe dirigente che afferma di non voler fare semplicemente l’ago della bilancia. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)