di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Circola una bozza della risoluzione targata M5s che potrebbe accogliere Mario Draghi martedì in Parlamento. Quando il presidente del Consiglio arriverà in aula con le comunicazioni, alla vigilia del Consiglio europeo del 23-24 giugno, sulla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia e su come il Governo proseguirà il suo impegno nei confronti degli aggrediti. La bozza, forse una delle tante, contiene un riferimento diretto allo stop all’invio delle armi. Magari è solo lo spin di una parte del M5s, ma non ci sarebbe in ogni caso di che stupirsi. Giuseppe Conte ha già dato un indirizzo chiaro al partito di cui è presidente: l’Italia ha già dato abbastanza all’Ucraina, ora bisogna occuparsi di altro. Sta evidentemente pensando già alle elezioni politiche del 2023, Conte; ai duelli interni, come dimostra lo scontro con Luigi Di Maio, dopo una settimana lunghissima di reciproche cenciate in faccia, che si è conclusa domenica sera con una riunione d’urgenza del Consiglio nazionale del M5s per valutare l’espulsione di Di Maio.
“Credo che il M5s debba fare un grande sforzo nella direzione della democrazia interna: nel nuovo corso servirebbe più inclusività, anche a soggetti esterni. Lo dico a voi (giornalisti; Ndr) perché non esiste un altro posto dove poterlo dire”, ha affermato Di Maio. E Conte: “Di Maio era nel comitato di garanzia e si è dimesso, da oggi il Consiglio nazionale arriverà a 22 componenti. Quando era lui il leader, c’era un solo organo politico, il capo politico. Che faccia lezioni di democrazia interna fa sorridere”. Di Maio si è pure concesso una autocritica: “Temo che questa forza politica rischi di diventare una forza politica dell’odio”.
Non si trattasse del partito che nel 2018 ha preso oltre il 32 per cento non varrebbe la pena occuparsene. Però i numeri sono sempre quelli, a prescindere dai pessimi risultati delle amministrative. Che il M5s sia poco più che l’ombra di se stesso e dei fasti del passato è indubbio; che Draghi e il suo Governo possano sentirsi al sicuro è invece tutt’altro che scontato. Anche se una parte – non si sa quanto consistente – del M5s è pronta a dar battaglia allo stesso Conte: “L’Italia, come tutta l’Ue, ha contribuito al diritto alla legittima difesa del popolo ucraino da un’aggressione atroce e ingiustificata. Tale supporto non può venire meno certo oggi”, dice Francesco Berti, deputato del M5s, “perché in questi giorni la Russia sta continuando a premere sul fronte ucraino ad est, violando qualsiasi norma di diritto internazionale. I richiami superficiali alla diplomazia e alla pace, senza spiega come concretamente raggiungere questi obiettivi, sono parole al vento”. Con tutto quel che ha da fare, insomma, a Draghi tocca pure sorbirsi i malesseri dei 5 stelle. (Public Policy)
@davidallegranti
(foto cc Palazzo Chigi)