Il garbuglio giuridico del terzo mandato per i governatori

0

di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – Nella disputa sul terzo mandato ai cosiddetti governatori, che divide tanto il centro-destra quanto il Pd al proprio interno, è abbastanza evidente la posta politica, ma è per lo più sconosciuto il garbuglio tecnico-giuridico da cui origina questa tagliola e dunque non è chiaro che non tutti i presidenti di regione “a fine corsa” si trovano nella stessa situazione.

Non è chiaro perché Zaia sia già al terzo mandato e voglia farne un quarto, né perché Bonaccini, per avere un terzo mandato consecutivo, abbia assolutamente bisogno, come Zaia per avere il quarto, della modifica di una legge nazionale e invece De Luca, Toti e Emiliano possano anche cercare, ma non necessariamente trovare, una più agevole exit strategy nella legislazione regionale.

L’articolo 122, comma 1, della Costituzione stabilisce che “il sistema d’elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.

L’articolo 122 della Costituzione prevede dunque una concorrenza sulle leggi elettorali delle Regioni tra la legislazione statale, che stabilisce i principi fondamentali (anche in ordine ai requisiti di eleggibilità dei cosiddetti governatori), e la legislazione regionale, che disciplina nell’ambito dei principi fondamentali il sistema di elezione.

In attuazione di questa previsione costituzionale, la legge 165/2004 ha individuato tra i “principi fondamentali” che le Regioni devono recepire la “non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia” (all’articolo 2, comma 1, lettera f)

Secondo alcuni interpreti, il principio statale non necessita di un recepimento regionale e dunque è immediatamente auto-applicativo.

Secondo altri, invece, il principio statale diviene operativo solo al momento del recepimento nella legislazione regionale e su questa interpretazione sembrano essersi finora attestati anche i giudici nei ricorsi relativi all’elezione diretta (successivamente all’entrata in vigore della legge 165/2004) di Presidenti al terzo mandato consecutivo (Formigoni in Lombardia e Errani in Emilia Romagna nel 2010). È importante comunque considerare che questi ricorsi non sono mai giunti alla Corte Costituzionale.

I giudici di Milano e Bologna non hanno considerato tuttora vigente l’articolo 10 della legge 62/1953, pure mai esplicitamente abrogato, recante una prima disciplina della potestà legislativa concorrente: il comma 1 dell’articolo 10 stabilisce che “le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali (…) abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse” e il comma 2 prevede che “i Consigli regionali dovranno portare alle leggi regionali le conseguenti necessarie modificazioni entro novanta giorni”.

Per i giudici che si sono pronunciati sulla terza elezione diretta di Formigoni e Errani, in base all’articolo 5, comma 1, primo periodo della legge costituzionale n. 1/1999 (“Fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali ai sensi del primo comma dell’articolo 122 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, l’elezione del Presidente della Giunta regionale è contestuale al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali e si effettua con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali”), risultava ancora applicabile la disciplina elettorale statale anteriore (legge 108/1968 e legge 43/1995), che non prevede limiti al numero dei mandati dei presidenti eletti a suffragio universale e diretto, visto che il principio statale che vieta la rielezione al terzo mandato consecutivo vincolerebbe il solo legislatore regionale in caso di novella delle norme in materia di ineleggibilità.

La Corte di Appello di Milano ha considerato inoltre ulteriore limite rispetto alla diretta applicabilità dell’articolo 2 della legge 165/2004 il principio della irretroattività della norma limitativa dell’elettorato passivo: anche ammettendo l’auto-applicatività della norma il divieto di terzo mandato avrebbe potuto trovare applicazione solo per le elezioni successive all’entrata in vigore della legge 165/2004. Questo è un argomento che evidentemente non potrebbe essere invocato per le elezioni del 2025, visto che per i presidenti che aspirano oggi al terzo mandato consecutivo, il primo avrebbe comunque avuto inizio successivamente all’entrata in vigore della legge 165/2004.

Ci sono poi Regioni – Veneto e Marche – che hanno recepito il divieto di terzo mandato spostando in avanti la decorrenza dei termini per il calcolo dei tre mandati e facendoli partire dall’approvazione della legge regionale di recepimento.

In Veneto la legge è stata approvata nel 2012, quindi Zaia che era già in carica nel 2010, si è così garantito tre mandati consecutivi: 2010, 2015 e 2020. Su questa falsariga si è mossa anche la regione Marche, la quale, con una legge regionale del 2005, ha disposto che il limite al numero dei mandati dovesse applicarsi solo pro futuro.

Si può quindi immaginare che in Campania De Luca possa proporre alla sua maggioranza in Consiglio regionale una legge che, sui modelli veneto e marchigiano, disciplini espressamente i principi relativi alle cause di ineleggibilità pro futuro, in modo da “ripartire da zero” dopo due mandati da presidente.

La differenza è che in Campania è già stata approvata una legge elettorale regionale successivamente all’entrata in vigore della legge nazionale 165/2004, la legge regionale 4/2009, che ha disciplinato la procedura elettorale, senza intervenire espressamente, come avrebbe dovuto in base articolo 122, comma 1 della Costituzione, sui casi di ineleggibilità del Presidente.

Che la Campania approvi o meno questa eventuale nuova legge e anche se il Governo non l’impugnasse, un qualunque concorrente potrebbe comunque ricorrere al giudice e chiedere di sollevare una questione di legittimità costituzionale in ordine alla legge regionale “vecchia” o (eventualmente) “nuova”, per il mancato o troppo tardivo e fraudolento recepimento del principio del divieto del terzo mandato consecutivo.

Le regioni Liguria e Puglia sono nella stessa situazione della Campania. Hanno un Presidente che sta concludendo il secondo mandato e una legge elettorale regionale, approvata dopo l’entrata in vigore della 165/2004, che non recepisce il divieto di terzo mandato.

Per tutte le ragioni precedentemente esposte è difficile prevedere quale sarebbe il responso della Corte costituzionale sui ricorsi che le arrivassero in via incidentale, ma il fatto che siano trascorsi ormai vent’anni anni dalla legge 165/2004 fa ipotizzare che la Consulta potrebbe non autorizzare manovre esplicitamente elusive del divieto del terzo mandato per il Presidente eletto direttamente.

In Emilia Romagna, invece, nel 2014 è stata approvata la nuova legge elettorale regionale che prevede all’articolo 7 che “non può essere immediatamente ricandidato alla carica di Presidente della Giunta regionale chi ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi”. Quindi la terza candidatura di Bonaccini (espletati i due mandati, del 2015 e 2020) è condizionata alla modifica della legge nazionale(Public Policy)

@carmelopalma