Il Governo e la Lega in crisi: Salvini ha un problema con i piani B

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – L’accennata crisi di governo sembra già essere rientrata. Oggi sui giornali ci sono i presidenti di Regione più forti della Lega – Massimiliano Fedriga e Luca Zaia – a rassicurare l’Esecutivo: la Lega non vuole mettere in difficoltà il Governo. Sono i volti migliori di un Carroccio malconcio, in crisi soprattutto d’identità. Perché si può contenere moltitudini, essere di lotta e di governo, ma la direzione politica deve essere chiara. Invece, come si capisce dal post voto, con le sortite su catasto, green pass e discoteche, il segretario Matteo Salvini non sa come riprendersi dalla botta del centrodestra. Solo che stavolta ha fatto adontare persino il paziente presidente del Consiglio, Mario Draghi.

Come ai tempi della crisi del Papeete nel 2019, il leader leghista ha un problema con i piani B. Segue un copione finché è possibile, poi continua a seguirlo. Senza aggiustamenti del caso, a seconda del contesto o degli eventi. Solo adesso, dunque, nella Lega ci si pone il problema della selezione della classe dirigente. Salvini si è concentrato sulla tempistica, Zaia mette meglio a fuoco una parte del problema, che non riguarda soltanto il quando: “Presentare agli elettori candidati trovati all’ultimo minuto non mi pare una grande idea, a meno che non siano Varenne, a cui non serve sgambare più di tanto”, dice il presidente della Regione Veneto: “Ciò che è successo a Milano è sotto gli occhi di tutti: mi metto nei panni della signora Maria che guarda la tv e vede il candidato che minaccia di dimettersi a due giorni dal voto… e stendiamo un velo pietoso su Napoli, dove non siamo stati manco in grado di presentare la lista”.

Manuel Vescovi, senatore della Lega ed ex coordinatore regionale della Toscana, all’opera con un ddl per l’elezione diretta del presidente, porta a Public Policy il suo esempio personale: “Ho gestito il partito in Toscana fra il 2013 e il 2018, concludendo il mandato nell’anno in cui abbiamo vinto a Pisa, Massa e Grosseto. Avevo una strategia: individuavo il sindaco un anno prima, verso ottobre-novembre facevo l’accordo con gli alleati e a gennaio lo presentavo alla stampa”. La tempistica per Vescovi insomma è tutto: “Se dall’altra parte c’è un sindaco uscente che ha governato bene, i cittadini già lo conoscono. Quindi devi dare tempo a un candidato di farsi conoscere. In Gran Bretagna quando si candidano in Parlamento, glielo dicono 2 anni prima. D’altronde oggi si vota più la persona che il partito. Non puoi candidare una persona dall’oggi al domani”.

Specie se è della società civile, dice ancora Vescovi a Public Policy, quindi digiuno di tattica e strategia politica. “Se prendi uno della società civile e gli dai un anno di tempo, all’inizio fa errori ma poi può migliorare. Se gli dai 2 mesi fa degli errori che vengono ingigantiti”. Ma è solo un problema di tempi? “I tre leader di partito sono persone intelligenti, la soluzione la troveranno”, dice Vescovi. “Anche perché la maggior parte degli italiani sono di centrodestra. Va cambiata prospettiva. Prima della pandemia le persone volevano una cosa. Dopo la pandemia un’altra. Ora dobbiamo pensare a ricostruire. La pandemia è come una guerra. Churchill aveva vinto la guerra ma poi gli hanno detto di mettersi da parte. La gente oggi ha altre prospettive. Vuole tranquillità, prospettive per il futuro, sapere che Paese sarà”. Quindi basta parlare di migranti? “No, quelle sono le nostre battaglie di bandiera e vanno difese. Come quella su genitore 1 e genitore 2”.

Le difficoltà del centrodestra – per usare un eufemismo – non sono l’unico dato che emerge dalle elezioni amministrative. C’è anche la questione del ritorno del centro. Tema che ciclicamente si ripropone, è vero. Ma forse adesso c’è un ricambio generazionale che va tenuto d’occhio. Non ci sono più soltanto i Casini. Il buon risultato di Carlo Calenda, arrivato terzo alle elezioni di Roma ma con la sua lista che è il primo partito della Capitale, sembra dare fiato a un progetto centrista guidato da lui e Matteo Renzi. Resta da capire chi potrebbe fare il frontman, visto che i galli nel pollaio sono molti e che la coppia Calenda-Renzi potrebbe contenere tensioni dovute alla reciproca concorrenza. Uno degli indiziati è Marco Bentivogli, ex sindacalista che ha lanciato un suo movimento e che da mesi lavora per rafforzarsi politicamente. (Public Policy)

@davidallegranti