Il “pareggio” di bilancio (o del #noncambiareverso)

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di Paolo Belardinelli

ROMA – (Public Policy – Istituto Bruno Leoni)

Destinatari:

Presidente del Consiglio e ministro dell’Economia

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Da quando, il 27 aprile 2012, il Senato approvò in seconda lettura le modifiche all’articolo 81 della Costituzione, lo Stato si è assunto l’obbligo di assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio.

Tale modifica, è noto, scaturì dal faticoso dibattito tra i Paesi dell’Unione europea sul cosiddetto Patto di Bilancio europeo, il quale, tra le altre cose prevedeva l’introduzione del principio del pareggio di bilancio negli ordinamenti statuali.

In Italia, invero, il principio del pareggio di bilancio non è mai stato realmente introdotto; ci si è dovuti accontentare, non a caso, dell’”equilibrio” tra le entrate e le spese. A giudicare da quanto accaduto da allora, si direbbe che le modifiche all’articolo 81 della Costituzione siano state del tutto inutili.

In perfetta coerenza con il passato, quando dal 2015 il pareggio (pardon, l’equilibrio) veniva rinviato al 2016, poi al 2017, e ancora al 2018, la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2016 rinvia l’equilibrio di bilancio al 2019.

Caro presidente del Consiglio, ma non voleva cambiare verso?

Rispettare la Costituzione su questo punto poteva essere un bel modo per cominciare.

Le ragioni che hanno portato all’introduzione del principio in Costituzione peraltro sono ancora valide. Nel nostro Paese, oggi più di ieri. Nell’anno in cui la modifica venne approvata, il nostro debito pubblico passava dal 116% al 123% del Pil.

Oggi siamo arrivati alla mastodontica cifra del 132,4%. Inoltre, nel 2012 l’economia si trovava nel mezzo di una recessione. Oggi siamo in un momento positivo del ciclo economico. Anche coloro che ritengono che il debito possa servire a produrre crescita nei momenti come quello in cui ci trovavamo qualche anno fa, pensano che il momento per restringere la cinghia sia proprio quello in cui l’economia è nella fase positiva del ciclo, come ora.

Ministro Padoan, come spiega questa scelta di rinviare di nuovo l’equilibrio?

Sembra che alla base di questa scelta stia semplicemente un calcolo di facile consenso politico. Restringere la cinghia significherebbe accontentare meno interlocutori. È un peccato che un Governo che si è presentato in piena rottura con il passato, e in rappresentanza della nuova generazione che avanza, si perda così facilmente nelle logiche che hanno contraddistinto la vecchia.

In questo modo non state rendendo un bel servizio a quei giovani per i quali spesso dite di impegnarvi. Li state solo obbligando a pagare domani le spese che fate oggi pur non potendovele permettere.  (Public Policy – Istituto Bruno Leoni)

@paolobelardinel