(Public Policy) – Roma, 2 ott – L’ultimo decreto Ilva, nato per sbloccare l’attività degli impianti di Riva Acciaio e saltato all’ultimo Consiglio dei ministri a causa della crisi di Governo, finisce nel dl Pubblica amministrazione, grazie a un emendamento presentato a Palazzo Madama a prima firma del senatore Roberto Calderoli (Lega Nord).
La proposta, dopo alcune modifiche in commissione Affari costituzionali, ha incassato il parere favorevole del Governo. L’ultima riformulazione dell’emendamento (la numero 3) è in gran parte identica al testo originario del decreto del Mise. Quindi, nel caso di sequestro preventivo, che abbia come oggetto società, aziende, beni (compresi titoli) e quote azionarie e liquidità anche in deposito, “l’organo di nomina giudiziaria ne consente l’utilizzo e la gestione da parte degli organi societari, esercitando i necessari poteri di vigilanza”.
In altre parole, nel caso di sequestro di beni da parte della magistratura le società interessate potranno continuare a gestire quei beni solo sotto la supervisione del custode giudiziario. L’emendamento, rispetto al decreto, aggiunge che l’attività di controllo da parte del custode dovrà essere “riferita all’autorità giudiziaria” e che l’utilizzo dei beni sequestrati sarà vincolato “esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo dell’azienda”.
La proposta a firma Calderoli, come anche il decreto Riva Acciaio, modifica l’articolo 53 del decreto 231 del 2008 sulla responsabilità amministrativa delle società. Secondo entrambi con la nomina del custode giudiziario si intendono eseguiti e rispettati gli adempimenti previsti dal codice di procedura penale. L’emendamento stabilisce anche la retroattività del provvedimento.
Inoltre la seconda parte della proposta – introdotta in un secondo momento – prevede che anche per le aziende soggette al sequestro preventivo dei beni potranno essere commissariate dal Governo. “In caso di sequestro in danno – si legge nella modifica – di società che gestiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale o collegate (come per esempio l’Ilva di Taranto; Ndr), si applicano le disposizioni previste dal decreto 61 del 2012 (il cosiddetto Ilva bis; Ndr)”, licenziato il 3 agosto scorso dal Parlamento, e che consente il commissariamento per le imprese esposte a rischio ambientale. In sostanza, se la modifica verrà approvata dalla commissione, il commissariamento potrà essere applicato anche a fronte di un sequestro preventivo deciso dalla magistratura.
IL CASO RIVA ACCIAIO
Dopo 17 giorni è finito ieri l’incubo degli oltre 1.400 lavoratori di Riva Acciaio con la riapertura dei sette stabilimenti del gruppo. La chiusura era arrivata a seguito del sequestro di circa 8,1 miliardi di euro, deciso dal gip di Taranto Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta sullo stabilimento dell’Ilva di Taranto con l’accusa di disastro ambientale. L’accordo sull’uso della liquidità (circa 60 milioni presenti nei conti correnti), che ha permesso la riapertura dei sette stabilimenti, è arrivato venerdì scorso durante una riunione tra il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, il sottosegretario Claudio De Vincenti, l’amministratore della Riva Acciaio Cesare Riva, il custode giudiziario Mario Tagarelli e i rappresentanti delle banche. In sostanza, per i crediti si è concordato che man mano che diverranno liquidità, saranno finalizzati al proseguimento dell’attività delle aziende di Riva Acciaio.
LE MODIFICHE ALL’EMENDAMENTO CALDEROLI
L’emendamento (il 12.5) ha subito ben due modifiche: la prima con alcuni cambiamenti non rilevanti; la seconda, invece, aggiunge l’intera parte relativa al commissariamento degli stabilimenti che hanno beni posti sotto sequestro. L’ultima versione della proposta emendativa porta la firma anche del presidente della commissione Industria al Senato Massimo Mucchetti (Pd), della capogruppo Sel Loredana De Petris e delle senatrici Loris Lo Moro (Pd) e Patrizia Bisinella (Lega Nord). (Public Policy)
SOR