ROMA (Public Policy) – È stato approvato in Consiglio dei ministri il decreto di proroga del payback sanitario per i dispositivi medici.
La proroga prevista dal decreto, su iniziativa del Mef, sarà fino a fine aprile.
Proprio al Mef lunedì mattina si era tenuta una riunione operativa sul tema del payback sanitario in scadenza il 16 gennaio. Senza interventi, entro questa data circa un migliaio di aziende del settore biomedicale sarebbero state costrette a sborsare 2,2 miliardi di euro alle Regioni per lo sforamento della spesa degli ospedali dal 2015 al 2018 negli acquisti di dispositivi medici.
Il meccanismo del payback sanitario, che il decreto in Cdm fa slittare al 30 aprile in attesa di una sua revisione generale, è stato introdotto da un decreto Enti locali del 2015, durante il Governo Renzi, ma finora mai applicato. Il meccanismo prevede, appunto, che i fornitori di dispositivi medici (che vuol dire macchinari per operare, per le Tac, ma anche singole garze e siringhe), nel caso in cui le Regioni abbiano superato i tetti di spesa per questi prodotti a loro imposti, siano obbligati “in solido” con al Regione a restituire parte dei pagamenti effettuati dalle stesse Regioni per l’acquisto dei prodotti medicali.
Nello specifico, come detto, il payback sanitario – che con l’entrata in vigore del decreto è stato dunque “congelato” fino al 30 aprile e poi, nelle intenzioni del Governo, verrà revisionato – impone alle aziende produttrici di sistemi medicali la restituzione di importi pari al 50% della spesa in eccesso effettuata dalle Regioni rispetto al tetto del 4,4% della spesa pubblica previsto per i dispositivi medici. Praticamente tutte le Regioni hanno sforato tale tetto tra il 2015 e il 2018 e questo fa sì che il payback sanitario, oggi, costerebbe alle aziende fornitrici circa 2,2 miliardi di euro.
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VAL-VIC