ROMA (Public Policy) – “Fare una nettissima distinzione tra l’atto giudiziario che conclude la fase cautelare, come l’ordinanza cautelare del giudice o il decreto del pm di perquisizione” che ” deve essere totalmente conoscibile e pubblicabile”, e “tutto il resto che è precedente all’ordinanza cautelare, che deve continuare ad essere messo a disposizione delle parti ma dovrebbe non essere pubblicabile. Il divieto di pubblicazione di tutto questo materiale ridurrebbe in maniera notevolissima i problemi di cui tutti ci lamentiamo”.
A dirlo è stato Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, in audizione davanti la commissione Giustizia della Camera sul ddl Orlando di riforma del processo penale, che contiene anche una delega sulle intercettazioni.
Dello stesso parere anche Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, in audizione anche lui davanti la II commissione di Montecitorio: “Distinguiamo tra atti conclusivi di fase e quello che li precede – ha detto – L’ordinanza cautelare non c’è ragione per cui non venga pubblicata e interamente messa a disposizione di tutti i giornalisti, anche per un controllo dell’opinione pubblica rispetto al funzionamento della giustizia. Di certo quello che non dovrebbe essere pubblicato sono gli elementi a sostegno della richiesta” di ordinanza cautelare, sui quali “dovrebbe operare un regime di non pubblicabilità”. (Public Policy) NAF
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