di Francesco Galietti
ROMA (Public Policy) – Lo schianto fatale dell’elicottero che aveva a bordo il presidente iraniano Raisi e il ministro degli Esteri ha una duplice ed immediata conseguenza.
Per un verso, si apre una fase di transizione che si concluderà con l’elezione di un nuovo presidente, e che andrà monitorata con cura per verificare la possibilità di scossoni interni con riverberi regionali. Con la morte del ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian, salta una figura vicina alle Brigate al-Quds, prontamente rimpiazzata con Ali Bagheri Kani che fa parte della cerchia stretta dell’ayatollah Khamenei.
Per l’altro verso, si pone fin da ora proprio il tema della successione della Guida Suprema. Non è infatti un mistero che Raisi fosse il candidato più accreditato a succedere a Khamenei a tempo debito. Ciò in quanto Raisi era membro dell’associazione del clero combattente, esponente dell’ala più dura della fazione dei conservatori, e poteva contare su molti addentellati nel deep state iraniano.
La successione a Khamenei è comunemente vista come un possibile punto di svolta non solo per l’Iran stesso, ma in tutta l’Eurasia e nelle numerose aree in cui Teheran esercita influenza. Con Khamenei, infatti, scomparirà non solo un esponente della Rivoluzione del 1979, ma anche un punto di equilibrio tra le varie anime del regime: da una parte clero e magistratura, dall’altra apparati militari e forze di sicurezza. Per quanto imperscrutabile dall’esterno, l’Iran non è certo un monolite: al suo interno vi sono diversi organismi collegiali, ciascuno dei quali costituisce un mosaico dell’assetto di potere iraniano.
Resta da capire se l’Iran sarà il terzo membro del club eurasista (dopo Russia e Cina) a comprimere la rilevanza di questi centri decisionali. In Russia l’ascesa di Putin ha comportato la fine del Partito comunista e del suo Politburo, un tempo potentissimo. Idem dicasi per la Cina, dove Xi è ormai a tutti gli effetti una figura neo-imperiale. Russia e Cina non sono una teocrazia come invece è l’Iran, ma nei sistemi autoritari la drastificazione delle strutture di potere sembra essere una tappa comune.
@galietti82