ROMA (Publicy) – di Gaetano Veninata – Lo Stato islamico (detto anche Isis o Daesh) in Siria “in un solo anno ha messo in piedi un’identità attraente sia per la popolazione locale ma soprattutto per l’esterno, con una nuova interpretazione dell’islam, quasi una nuova religione. Con questa nuova caratterizzazione si è creata una base di consenso anche tra gli stranieri, europei e asiatici, che se ne sentono parte in modo profondo”.
Lo ha detto, nel corso di un’audizione in commissione Diritti umani al Senato, Jimmy Botto Shahinian, attivista siriano per i diritti umani rifugiato in Turchia, in merito alla situazione in Siria nei territori occupati dallo Stato islamico.
Botto, cristiano, originario di al-Raqqa, città siriana divenuta per tutti la ‘capitale’ dell’Isis, ha spiegato così il fenomeno: “La parola che meglio descrive l’identità nuova è la parola ‘rabbia’, la frustrazione che caratterizza tutti i membri di questa organizzazione. Loro vedono che finalmente qualcuno sta combattendo contro un’oppressione che loro percepiscono come reale e di cui si sentono vittime”.
Botto ha fatto poi l’esempio yemenita: “al-Qaeda in Yemen è iniziata con 26 persone, e ora ha preso il controllo di quasi il 30% del Paese. Si tratta di saper sfruttare la struttura sociale locale, che in Medio Oriente, con varie sfumature, è una struttura di tipo tribale”. Così l’Isis ha agito a Raqqa: “Ha inizialmente nominato emiro una persona (successivamente uccisa dagli stessi miliziani; Ndr) che faceva parte di una delle più grandi e popolari tribù, era una persona piuttosto amata; così ha portato dalla sua parte un numero rilevante di persone”.
In Siria, ha precisato ancora, “il nostro problema non sono però i siriani affiliati all’Isis ma le 50mila persone venute dal resto del mondo e che fanno parte dell’organizzazione”. Secondo Botto “il modo migliore per contrastare l’Isis è quello di aiutare la società civile locale a creare delle alternative. Ma è complesso lavorare all’interno delle città e allora diventa importante collaborare con le aree circostanti, per fare terra bruciata attorno all’organizzazione, magari attraverso la collaborazione delle persone scappate dalle aree occupate, istituendo un collegamento con quelli rimasti”.
Ma l’attivista siriano, nel corso dei suoi incontri con vari interlocutori internazionali, ha detto di essersi reso conto che “la definizione di terrorismo per qualsiasi organizzazione arriva quando va a toccare interessi privati o statali, più che quando va a toccare la popolazione civile”.
Per quanto riguarda il sostegno offerto dall’Occidente ad alcune milizie in Siria, Botto ha detto: “È stato uno dei più grandi errori anche a livello d’immagine, perché attraverso questo finanziamento si è andato a dare concretezza a quella che è la propaganda” dello Stato islamico, che parla dei musulmani come di una nazione opprressa dall’Occidente, e allora “andare a finanziare in maniera esplicita organizzazioni dell’opposizione siriana vuole dire accomunarle”, nella logica del Daesh, “all’oppressione”. (Public Policy)
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