ROMA (Public Policy) – Matteo Renzi possiede i numeri parlamentari per mettere in crisi il governo e può contare su un’arma politica per neutralizzare eventuali imboscate e stravolgimenti del testo di riforma della legge elettorale da parte degli esponenti della minoranza del Partito democratico.
Tuttavia i rapporti di forza esistenti nelle Camere prefigurano scenari imprevedibili e negativi per il meccanismo di voto concordato nella sede del Nazareno con Silvio Berlusconi. Pilastro e punto controverso, conflittuale, aperto, del testo approdato nell’Aula di Montecitorio riguarda la scelta dei rappresentanti da parte dei cittadini. Tramontata definitivamente l’opzione maggioritaria con collegi uninominali, l’alternativa appare ristretta fra le liste corte bloccate, appoggiate dagli esponenti di Forza Italia e dai parlamentari legati al primo cittadino di Firenze, e preferenze. Strumento su cui numerosi gruppi politici guidati dalla sinistra del Pd sono pronti a dare battaglia “con tutte le armi istituzionali”. Dispositivi come lo scrutinio segreto previsto dal regolamento della Camera rappresenteranno il vero banco di prova per verificare la tenuta del compromesso raggiunto fra Renzi e il leader FI. E per i due i numeri non sono incoraggianti.
LO SCENARIO A MONTECITORIO L’Aula della Camera potrebbe riservare il primo colpo di scena. L‘arco vasto e trasversale di forze favorevoli alla reintroduzione delle preferenze comprende i 9 rappresentanti di Fratelli d’Italia, i 20 della Lega Nord, i 106 del Movimento 5 stelle, i 29 del Nuovo centrodestra, i 20 del gruppo Per l’Italia di Mario Mauro e Pier Ferdinando Casini, i 5 di Centro democratico, i 3 del Partito socialista italiano, i 3 deputati fuoriusciti dai 5 stelle. A un simile schieramento di fautori storici e convinti dell’istituto cardine del proporzionale della prima Repubblica vanno aggiunti i 143 esponenti del Partito democratico che orbitano nell’area di Gianni Cuperlo e Pier Luigi Bersani. La cifra complessiva toccherebbe i 334 parlamentari, al di sopra del quorum di 316 voti. E potrebbe essere messa in sicurezza se i 37 esponenti di Sel, da sempre sostenitori del Mattarellum, optassero per il “male minore” delle preferenze in circoscrizioni ridotte. Affezionati alle preferenze sono poi i rappresentanti del Nazareno legati a Enrico Letta come Francesco Boccia. Aderenti alla maggioranza scaturita dal Congresso di dicembre, i 20 deputati vicini al premier potrebbero riservare sorprese bocciando i listini bloccati nel segreto dell’urna. Colpendo al cuore la bozza di legge elettorale di Renzi.
A PALAZZO MADAMA LISTINI BLOCCATI A RISCHIO BOCCIATURA Molti rischi per l’asse portante del testo concordato al Nazareno presenta lo scenario del Senato. Già in commissione Affari costituzionali il percorso sarebbe assai arduo. Nell’organismo i parlamentari del Pd vicini a Renzi sono appena due – Isabella De Monte e Giorgio Pagliari – a fronte dei 6 battaglieri esponenti della sinistra interna critici verso l’impianto dell‘Italicum e fieri avversari della leadership del sindaco di Firenze: Anna Finocchiaro, Maurizio Migliavacca, Miguel Gotor, Francesco Russo, Luciano Pizzetti, Doris Lo Moro. Settimo componente democrat è Corradino Mineo, supporter del Mattarellum e di Pippo Civati. Oltre a 6 voti certi provenienti dal Partito democratico, il fronte pro-preferenze in I commissione potrebbe ricevere l’appoggio dei 4 componenti 5 stelle, dei 2 della Lega, dei 2 Ncd, di Gabriele Albertini di Per l’Italia. Un totale di 15 suffragi su 27 membri, a cui potrebbe aggiungersi Loredana De Petris di Sel.
La sconfessione parlamentare del compromesso tra Renzi e Berlusconi troverebbe il coronamento nel dibattito in Assemblea. Nell’Aula del Senato i 15 esponenti del Carroccio, i 50 del M5s, i 31 del Nuovo centrodestra, i 12 di Per l’Italia, i 2 del Psi, i 3 del gruppo di Azione e partecipazione popolare creato dai transfughi M5s, sommati ai 58 delle componenti Pd ostili a Renzi, raggiungerebbero la soglia di 171 voti. Al di sopra del quorum di 158 suffragi, 161 considerando i senatori a vita. Analogamente che a Montecitorio, a Palazzo Madama i 7 rappresentanti di Sel rafforzerebbero la maggioranza a favore dell’adozione delle preferenze. A rendere più amara l’eventuale sconfitta per il patto stipulato al Nazareno potrebbe essere infine la scelta dei 5 senatori democratici vicini al presidente del Consiglio. (Public Policy) EDP