La carne coltivata e quel (falso) principio di precauzione

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di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – Il disegno di legge promosso dal ministro Lollobrigida, che proibisce ogni forma di produzione e commercializzazione di “alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati”, è stato approvato in prima lettura al Senato, con i voti dei partiti di maggioranza e di Italia Viva.

Quando verrà approvato anche alla Camera – non c’è ragione di dubitarne –  l’Italia non diventerà però il primo Paese al mondo a proibire la “carne sintetica”: termine talmente improprio da essere stato perfino espunto dal testo di questa legge manifesto, che al contrasto degli alimenti e mangimi sintetici era stata addirittura intitolataDisposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”.

Sarà invece il solo Paese democratico a proibire qualcosa che è al momento proibito, cioè non consentito, in tutti gli Stati membri dell’Ue e, praticamente, con pochissime eccezioni, in tutti gli stati del mondo. L’abitudine a proibiree combattere fantasmi o feticci ideologici tanto minacciosi, quanto inesistenti, è decisamente diffusa tra le tirannidi, dove la menzogna non serve solo a propiziare l’inganno, ma a giustificare la violenza. Vederla allignare in una democrazia europea – quella italiana non è la prima ad esserne affetta, ma politicamente la più grande e indifesa – non è cosa promettente.

Gli alimenti e mangimi proibiti dalla legge in via di approvazione sono una interessantissima prospettiva di ricerca dal punto di vista alimentare e ambientale, ma non esiste un solo Stato dell’Ue che ne permetta al momento la produzione e la commercializzazione. Non sono stati ancora autorizzati dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e quindi sono già proibiti e, se e quando fossero autorizzati, non potrebbero essere più proibiti da una legge nazionale.

La senatrice a vita Elena Cattaneo – in un intervento che vale la pena leggere – ha anche aggiunto che un divieto così assurdo è anche in sé incoerente, perché, senza motivare in alcun modo questa scelta, il legislatore alimentar-sovranista ha deciso di limitare la proibizione alle colture cellulari o di tessuti di animali vertebrati. E gli invertebrati? Non pervenuti.

Forse però è questa contraddizione apparentemente inspiegabile e comunque non spiegata – perché il bovino sì e l’aragosta no? – a illuminare il significato di questa operazione tanto smaccata dal punto di vista politico, quanto equivoca da quello normativo. In sintesi: perché chi produce bovini conta, chi pesca aragoste no.

Il bando alla “carne sintetica” è, nelle intenzioni dei promotori, la nuova frontiera della battaglia anti-Ogm e mira allo stesso risultato, cioè a un compromesso che consenta, agli stati che lo vogliano, di derogare al principio comune e di vietare sul piano nazionale produzioni pure autorizzate sul piano europeo. È uno scontro che si sta riproponendo a proposito delle Tea, Tecniche di evoluzione assistita, a cui si cerca di conquistare spazio dal punto di vista normativo sulla base del presupposto, scientificamente inconsistente, come ha spiegato sempre Cattaneo della loro fondamentale diversità dai “vecchi” Ogm.

Lollobrigida e la sua maggioranza mirano a ottenere un risultato “ora per allora” e per le stesse ragioni per cui tutti i governi italiani, di qualunque colore, hanno sempre osteggiato l’apertura agli Ogm. Non cioè la difesa della salute pubblica, ma la tutela corporativa e protezionistica di produttori nazionali interessati a neutralizzare la concorrenza, interna e internazionale, di operatori esterni al recinto della “categoria”.

Non deve confondere il fatto che i più tenaci sostenitori della carne coltivata siano contingentemente gli ecologisti di sinistra (verdi, grillini, post-comunisti) storicamente avversi agli Ogm e oggi sostenitori di una soluzione ultra-ingegneristica, ma potenzialmente positiva sia per la vita e il benessere degli animali (che idealmente potrebbero non essere più allevati e sacrificati per esigenze alimentari) sia per la sostenibilità ambientale (minore consumo di suolo, di acqua, di energia).

La cosa rilevante non è “chi” sostiene il bando alla carne coltivata, ma “come” e in base a quali argomenti lo fa. E gli argomenti sono sempre i medesimi e rispondono allo stesso framework organicistico, sia dal punto di vista sociale che scientifico.

La carne coltivata, come gli Ogm, non è “naturale”, nel senso che non esiste spontaneamente in natura. Ma ben poche delle cose che mettiamo ogni giorno sulle nostre tavole sono frutti della natura indipendenti da un intervento umano di programmazione e selezione biologica. Inoltre la carne coltivata non appartiene al panorama conosciuto e non è quella che siamo abituati a comprare: dunque, per questo solo fatto, è sospetta e la sua diffusione non apparesolo un attacco al diritto dei nostri agricoltori, ma pure a quello della nostra organizzazione sociale.

Alla pari degli Ogm, è facile presentare la carne coltivata come un’aggressione alla nostra salute e al nostro sistema di vita. La macchina ideologica del proibizionismo alimentare funziona sempre allo stesso modo: basandosi sulla paura dell’artificio umano e del sovvertimento di un ordine naturale, che è a un tempo ambientale e politico.

Il suggello di questi cortocircuiti logici è sempre l’invocazione del principio di precauzione, epistemologicamente pervertito fino a diventare un principio di prova impossibile. Il principio di precauzione (si veda l’articolo 7 del regolamento (Ce) n. 178/2002, impropriamente richiamato all’articolo 2 della legge Lollobrigida) non significa infatti astenersi dall’autorizzare prodotti di cui non si sia definitivamente dimostrata la sicurezza, ma riservarsi di verificare in tempi e forme certe, né infinite, né indeterminate, i possibili effetti negativi che potrebbero conseguirne, sulla base di criteri scientifici razionali.

Come sui vaccini non era né scientifico né razionale sostenere che, essendo stati sperimentati su alcune decine di migliaia di persone per alcuni mesi, non era possibile prevederne gli effetti in miliardi di potenziali vaccinandi, allo stesso modo è semplicemente ridicolo sostenere che la sicurezza di un alimento può essere dimostrata solo dal consumo (peraltro proibito!) da parte di milioni di persone per svariati decenni. Che è peraltro anche quello che si continua a sostenere sugli Ogm.

Questo pregiudizio, per grottesco che possa apparire a lume di ragione, rappresenta un senso comune diffuso e tenace e ciò spiega l’assoluta nonchalance con cui ministri, politici e spesso anche esperti lo ripropongono per difendere l’interesse di pochi fingendo di salvaguardare i diritti di tutti. La legge sul bando alla carne coltivata ripropone dunque un modello di irrazionalismo di potere consolidato, spregiudicato e politicamente tossico.(Public Policy)

@carmelopalma