di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – C’è una crisi che precede l’emergenza sanitaria e le sue conseguenze socio-economiche; che precede l’emergenza climatica; che precede l’emergenza migratoria. Ed è quella della capacità decisionale dei governi mondiali, oggi riuniti a Roma al G20 sotto la presidenza italiana. Si capisce, ascoltando il discorso del presidente Mario Draghi, che la questione gli sta a cuore. Perché è vero, come ha detto il capo del governo, che le cose iniziano a migliorare dopo anni terribili – anche gli ultimi due di pandemia hanno pesato non poco – durante i quali “abbiamo affrontato il protezionismo, l’unilateralismo, il nazionalismo”. Ma la sfida è appunto tutt’altro che conclusa e l’unica risposta possibile per governare l’ingovernabile è il multilateralismo.
“Possiamo finalmente guardare al futuro con più ottimismo. Campagne vaccinali di successo e azioni coordinate da parte dei governi e delle banche centrali hanno permesso la ripresa dell’economia globale. Molti dei nostri Paesi hanno lanciato dei piani di ripresa per dare impulso alla crescita, ridurre le diseguaglianze, promuovere la sostenibilità. Insieme, stiamo costruendo un nuovo modello economico, e tutto il mondo ne beneficerà”. Resta da capire, tuttavia, questo “insieme” da chi è composto. Perché, tanto per cominciare (per quanto sia un passo in avanti rispetto al G20 straordinario sull’Afghanistan), il presidente cinese Xi Jinping non si è fatto vedere a Roma. Interverrà quantomeno in un video e bisogna accontentarsi. Per il resto, sì, il presidente americano Joe Biden ha trovato il modo di riappacificarsi con Emmanuel Macron dopo la crisi dei sottomarini, e in Europa ci stiamo lentamente abituando a pensare che dobbiamo adesso fare a meno di Angela Merkel. Ma le risposte alle domande cruciali del G20 sulla riduzione delle diseguaglianze e delle emissioni inquinanti non potranno arrivare soltanto con un soleggiato weekend romano. Anche perché se l’obiettivo è cercare qualche soluzione concreta, non si potrà prescindere da cosa intende fare la Cina.
Prendiamo l’accordo sul clima. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo impegnandosi a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo comune di ridurre le emissioni mondiali di metano di almeno il 30 per cento rispetto ai livelli del 2020. Come noto, è obiettivo dell’Unione Europea raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La Cina, invece, ha fissato questo obiettivo per il 2060. Ecco quindi che quell’“insieme” inizia già a scricchiolare. “Nella foto di gruppo, non eravamo soli”, ha detto Angela Merkel: “I medici e i primi soccorritori erano con noi. È stata una grande idea. Siamo consapevoli del loro servizio per la società”. Il G20 dunque cerca quantomeno simbolicamente di dimostrare che l’unità è un valore acquisito. Medici e scienziati hanno effettivamente combattuto insieme ai politici con il Covid19, ma se i primi a un certo punto sono costretti a fermarsi all’elaborazione di un vaccino e al contenimento della pandemia, il lavoro dei secondi prosegue.
Questa crisi globale è importante perché va a inserirsi in un contesto complesso per l’ordine mondiale. Le difficoltà decisionali di cui parlavamo poc’anzi erano già note prima della pandemia, come dimostra il dibattito estenuante sull’efficacia dell’Unione Europea. La risposta sovranista di questi anni – in Italia, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna e altrove – non nasce per caso. Nasce dalle ansie e dalle paure di chi teme di perdere il controllo sulla propria vita. Si tende a pensare che l’emergenza sanitaria sia un punto di svolta, ma è in realtà soltanto un acceleratore di alcune dinamiche pre esistenti. Se i governi del G20 – non il G20 in quanto tale – non daranno risposte solide e rapide, allora il confronto con i populisti e i sovranisti non potrà che andare avanti a lungo.
@davidallegranti