di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – L’addio di Fabio Fazio (e Luciana Littizzetto) alla Rai, con il passaggio a Discovery, è diventato un caso politico. Clamorosamente esagerato. Il conduttore di “Che tempo che fa” ha firmato un contratto quadriennale con Warner Bros Discovery ed è stato sprezzantemente salutato da Matteo Salvini sui social con un “Belli ciao”, riferito a lui e alla sua spalla comica, dopo giorni di retroscenza giornalistici che preannunciavano il congedo di Fazio, evidentemente sgradito – e non da ora – alla maggioranza di destra-centro.
Ma perché mai la pubblica opinione dovrebbe essere interessata alle vicissitudini della tv di Stato? Forse perché è pagata con i soldi dei contribuenti? E perché dovrebbe essere considerato un assalto alla Rai l’occupazione politica di chi ha vinto le elezioni, visto che sistematicamente lo schema si ripete a ogni cambio di maggioranza? È legittimo lo stupore di chi, oggi all’opposizione, si vede togliere spazi di rappresentanza televisiva? Ma non è puntualmente quello che è accaduto in passato, a parti invertite?
“L’uscita di Fabio Fazio dalla Rai è un danno all’azienda in termini di identità, qualità culturale e ascolti. Una brutta notizia per il Paese”, dice Francesca Bria, componente del Pd in commissione di Vigilanza Rai: “Negli anni tante belle pagine di servizio pubblico, fra tutte il Memoriale della Shoah con Segre. Scelta scellerata mai portata in Cda”.
La polarizzazione dello scontro politico raggiunge insomma ancora una volta la Rai. La destra-centro ha bisogno di un centro di gravità permanente mass-mediale per sviluppare una gramsciana egemonia culturale. L’indirizzo politico è chiaro, ancora non è chiara tuttavia la realizzazione. Anche perché gli intellettuali sono sempre stati un problema della destra. A differenza della sinistra, che si è potuta esercitare nell’industria culturale, la destra ha vissuto ghettizzata e, per la verità, pure autoghettizzata. La sensazione è che adesso, avendo il potere di farlo, la maggioranza melonista non voglia rinunciare a mettere, o a promuovere, in Rai, suoi uomini e donne di fiducia. Per come ogni industria, anche quella culturale si può confrontare serenamente con il mercato. Quelli di Fazio sono senz’altro prodotti di successo, dunque saranno in grado di confrontarsi con la concorrenza. Insomma, la notizia della morte televisiva di Fazio è fortemente esagerata.
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@davidallegranti