(Public Policy) – Roma, 17 set – Innalzare da un giorno a
trenta il congedo di parternità obbligatorio. È la richiesta
contenuta nella proposta di legge a prima firma di Federica
Mogherini Rebesani, Pd, che ha raccolto il consenso
trasversale di Idv, Fli e Udc.
La speranza, di Rebesani e
condivisa dal suo partito, è che il tema, da ultimo
affrontato nella riforma del mercato del lavoro, ritorni
d’attualità. Infatti, per i firmatari (una cinquantina di
deputati) i padri-lavoratori devono essere obbligati dalla
legge a stare a casa alla nascita di un figlio per almeno un
mese, affinché il carico di cura non sia tutto spostato
sulle madri.
La riforma del lavoro targata Elsa Fornero, invece, prevede
che l’obbligo si fermi a un solo giorno. Attualmente sullo
stesso tema, c’è un’altra proposta ferma in commissione
Lavoro, la 2618 e abbinate, a prima firma di Alessia Mosca,
sempre Pd.
L’INIZIATIVA
L’articolo 1 della proposta di legge modifica a favore
della lavoratrice l’indennità di disoccupazione che viene
innalzata dall’80% al 100% nei 5 mesi di astensione
obbligatoria. Invece all’articolo 2, per il padre-lavoratore
si stabilisce l’obbligo di rimanere a casa per un mese (non
meno di 30 giorni) entro i cinque mesi di astensione
obbligatoria della madre. Anche in questo caso non c’è
alcuna riduzione dello stipendio.
Per i firmatari, “uno degli intenti centrali della presente
proposta di legge – si legge nel testo – è
di intervenire a modificare una radicata ma anacronistica
percezione culturale della divisione dei ruoli e delle
responsabilità tra genitori, non solo riconoscendo il
diritto delle donne di poter conciliare concretamente i
tempi del lavoro con quelli della cura familiare e della
maternità, ma anche il diritto dei padri lavoratori di
potersi dedicare anche loro, con pienezza, alla cura dei
propri figli”.
Inoltre, la cura dei figli “non è compito della madre ma di
entrambi i genitori così come recita l’articolo 30 della
Costituzione”.
LA COPERTURA FINANZIARIA
I costi della proposta per l’Inps sono calcolati in 1
miliardo e 300 milioni di euro all’anno a partire dal 2013.
La copertura è stabilita all’articolo 4 con l’aumento
“delle aliquote previste dall’allegato I annesso al “Testo
unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte
sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative”, il decreto legislativo 504 del 1995.
L’ITALIA ALLINEATA AL RESTO D’EUROPA
Se approvata, la proposta Mogherini Rebesani allineerebbe
l’Italia ai Paesi europei più virtuosi. Come la Norvegia,
dove i padri hanno diritto a sei settimane di congedo dal
lavoro al 100% dello stipendio e di 45 settimane, da
condividere con la madre, all’80%.
In Finlandia e in Svezia, i padri hanno diritto a un
congedo retribuito di quattro settimane, mentre in
Danimarca, in Gran Bretagna e in Francia a due settimane.
L’Italia ha introdotto il congedo obbligatorio per la prima
volta con la riforma del lavoro entrata in vigore
nell’estate, mentre non è intervenuta sulle tutele alla
maternità per le lavoratrici.
LE DONNE ITALIANE SCHIACCIATE TRA LAVORO E FAMIGLIA
I dati della situazione italiana fotografano una difficoltà
delle lavoratrici a perseguire i propri impegni di carriera
e, allo stesso tempo, avere dei figli. La media nazionale di
occupazione per le donne è ferma al 46%.
Il tasso di inattività, cioè di coloro che non cercano un
lavoro ma sarebbero disposte a lavorare, l’anno scorso è
stato del 16,8%, oltre il doppio di quello maschile, il
7,9%. Sempre dati dell’Istituto di statistica dicono che le
lavoratrici madri nel 30% dei casi interrompono il lavoro
per ragioni familiari (contro il 3% dei padri). E nel corso
della loro vita sono 800 mila le italiane che non hanno
scelto di abbandonare il lavoro, ma vi sono state costrette
dal datore di lavoro (con le dimissioni in bianco per
esempio) alla nascita di un figlio. (Public Policy)
LAP