Le sanzioni energetiche alla Russia, una fantasia per benintenzionati

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di Pietro Monsurrò

ROMA (Public Policy) – Su 77 milioni di barili di petrolio prodotti al giorno nel 2021, 10 venivano dalla Russia, il 13% del totale; su 3.850 miliardi di metri cubi di gas naturale prodotti nel 2021, 760 venivano dalla Russia, il 20% del totale: eppure c’è chi crede che le sanzioni energetiche alla Russia siano possibili. 

Nel breve termine ci sono due alternative: se la Russia non esportasse più, verrebbe a mancare una parte considerevole del gas e del petrolio, con conseguente aumento dei prezzi; se invece la Russia esportasse ma ad altri Paesi, per le finanze russe cambierebbe poco. Più realistica una via di mezzo: le sanzioni verrebbero in parte aggirate, e qualunque problema per la Russia verrebbe compensato almeno in parte da margini di profitto maggiori grazie ai prezzi aumentati per via della minore offerta.

Occorre dunque agire sui prezzi. L’economia russa dipende dai prezzi delle materie prime, perché a livello industriale non produce praticamente nulla. Prima però occorre sostituire gas e petrolio russi con altre fonti, oppure ridurre i consumi di idrocarburi, per milioni di barili equivalenti al giorno. Altrimenti, i prezzi salirebbero alle stelle, la Russia ci guadagnerebbe comunque, e l’economia globale collasserebbe.

Nel breve termine probabilmente le uniche alternative sono carbone, trivelle e shale, oltre a continuare a lavorare sull’efficienza energetica degli edifici, e investire sull’elettrificazione dei trasporti (i.e., treni merci e metropolitane): si noti che comprare gas da altri fornitori non deprime i prezzi globali. Servirebbe anche riattivare le centrali nucleari recentemente dismesse, se possibile.

Nel medio termine non vedo alternative a installare decine di GW di centrali nucleari, ridurre i consumi di gas con teleriscaldamento e coibentazione degli edifici, elettrificare riscaldamenti e trasporti (investendo sulle rotaie sia per le merci che per le persone, sia a livello urbano che interurbano), ovviamente producendo molta più elettricità di oggi. L’elevata variabilità e la bassa densità energetica delle fonti rinnovabili non le rendono un sostituto adeguato, ma possono aiutare. Le auto elettriche, oltre ad essere costose e poco pratiche, ci farebbero invece passare dalla dipendenza dalla Russia alla dipendenza dalla Cina, che sarebbe anche peggio.

Occorrerebbe infine investire anche in metodi di distribuzione e trasformazione alternativi: pipeline, rigassificatori, metaniere, petroliere, raffinerie. Questi investimenti sono stati depressi per anni dalla retorica dei politici contro gli idrocarburi, che ha allontanato capitali da questi settori minacciandone la distruzione, salvo poi riattivare centrali a carbone quando è diventato necessario: complimenti alle nostre classi dirigenti!

Tutto questo non richiede ideologia, ma conti, e non richiede filosofi ma ingegneri: se l’obiettivo è deprimere i prezzi degli idrocarburi, occorre trovare alternative per centinaia di miliardi di metri cubi di metano e miliardi di barili di petrolio, o sul lato offerta o sul lato domanda. L’ostacolo da superare è l’opposizione a trivelle, shale, rigassificatori, pipeline, raffinerie, centrali nucleari: gli ambientalisti NIMBY sono stati l’asso nella manica della Russia di Putin per decenni, finanziandone la repressione interna e l’espansionismo militare, aiutati dalla classe politica tedesca, prigioniera dell’illusione della pace attraverso il commercio.

Ciò che si può fare nel breve termine per risolvere al più presto la crisi ucraina è fornire più armi, addestramento, finanziamenti ed intelligence agli ucraini. Si possono anche inasprire le sanzioni tecnologiche, che riducono la capacità produttiva dell’industria russa, molto dipendente da tecnologie occidentali soprattutto in campo elettronico, in cui i russi sono molto deboli. Ma risolvere i problemi energetici richiederà tempo.

Le guerre, come le partite a scacchi, non le vince chi è più buono, ma chi è più bravo: e il più bravo sa fare i propri calcoli. Per ora ne abbiamo sbagliati moltissimi, ma se eviteremo in futuro certi errori che hanno finora favorito Putin, per la Russia saranno dolori, perché la realtà dell’economia, della demografia e della tecnologia sono a sfavore dell’imperialismo russo. Le classi dirigenti occidentali, miopi e incompetenti, hanno favorito il riarmo russo, e hanno indebolito le nostre economie rendendole dipendenti da Mosca. Questi problemi si possono risolvere, a patto di cambiare strategia, e di lavorare con costanza per anni.

Incolpare l’Ungheria se non si fanno sanzioni in campo energetico – anche se nessuno impedisce agli altri Paesi Ue di adottarle singolarmente – o pensare che l’India possa essere convinta a sacrificare centinaia di milioni dei suoi poveri per solidarietà con l’Ucraina, è un modo infantile di vedere la politica. Allo stato attuale della domanda e dell’offerta di idrocarburi è impossibile azzerare il contributo russo: e lo stato attuale è stato prodotto da decenni di errori di policy da parte occidentale in campo energetico. Ma possiamo iniziare ora – dopo decenni di sonno ambientalista – a trovare alternative che danneggeranno la Russia tra qualche anno. (Public Policy)

@pietrom79