LEGGE ELETTORALE, VIOLANTE E CASINI BOCCIANO I COLLEGI UNINOMINALI /FOCUS

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LEGGE ELETTORALE, VIOLANTE E CASINI BOCCIANO I COLLEGI UNINOMINALI /FOCUS

(Public Policy) – Roma, 17 ott – Una netta ostilità all’introduzione del meccanismo di voto maggioritario uninominale. Perché, in un assetto tripolare delle forze politico-elettorali, non garantisce la formazione di governi stabili e duraturi. È il giudizio che accomuna due ex presidenti della Camera dei deputati, Luciano Violante e Pier Ferdinando Casini, protagonisti di un confronto nell’ambito della giornata di studi promossa a Montecitorio dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma dal titolo “Riforma costituzionale e legge elettorale tra processo politico e processo costituzionale”.

VIOLANTE E IL COMPROMESSO DEI SAGGI
Il giurista esponente del Partito democratico ricorda il percorso di cambiamento istituzionale promosso grazie alla modifica-deroga dell’articolo 138 della Carta “non è limitato alla sola maggioranza di governo: il referendum confermativo verrà celebrato anche nell’eventualità di un’approvazione con i due terzi dei consensi, i vari capitoli della riforma saranno discussi e votati uno per volta in Parlamento e dai cittadini, il Comitato dei 40 deputati e senatori incaricati di redigere un testo avrà una composizione pienamente proporzionale”. Laicizzare e deideologizzare il confronto è dunque la priorità per Violante: “Voglio dirlo a tutti coloro che fanno un uso politico della Costituzione e ne invocano l’intangibilità per mettere in discussione una formula di governo”.

Riguardo alla forma di governo l’ex presidente della Camera rivendica la bontà della mediazione su cui il Comitato dei Saggi ha registrato le più ampie adesioni: regime parlamentare con governo funzionante ed efficace fondato su un equilibrio tra sfiducia costruttiva e potere del premier di chiedere o accelerare il percorso di scioglimento delle Camere. Una formula più persuasiva, a suo giudizio, dell’introduzione pura e semplice del modello tedesco: “Nessuno ricorda che in Germania a un mese dal voto politico un esecutivo ancora non c’è”. E più convincente rispetto all’opzione presidenziale, “assetto troppo rigido che come negli Stati Uniti rende il capo dello Stato parte delle crisi politiche e non arbitro risolutore”.

LE AFFINITÀ TRA LA BOZZA VIOLANTE E IL PROGETTO RENZI
Nei confronti del meccanismo di voto il giurista osserva che in presenza di tre grandi aggregati politico-elettorali con peso equivalente il doppio turno di collegio caldeggiato a lungo dal Pd non garantisce la governabilità. E altera gravemente la rappresentatività a vantaggio delle forze di governo come avviene in Francia, con un Partito socialista egemone in tutte le istituzioni con il 28 per cento dei consensi. Ben più efficaci, rimarca l’ex magistrato, le regole individuate nel Comitato a corredo del governo parlamentare del primo ministro: voto proporzionale a ogni formazione politica che può allearsi con altri gruppi per appoggiare un candidato premier con un programma condiviso.

Nell’eventualità che nessuna coalizione raggiunga il 40 o il 50 per cento dei consensi o dei seggi viene celebrato un turno di ballottaggio tra le due coalizioni più forti con in palio il premio di governabilità pari al 55 per cento dei seggi. Prevista una robusta soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento per arginare la frammentazione partitica.

Mentre per la scelta dei parlamentari le opzioni restano la preferenza o le liste bloccate brevi – entrambe in circoscrizioni ridotte – o il modello tedesco: metà collegi uninominali e metà liste bloccate. È la formula del “doppio turno di coalizione” quasi interamente coincidente con l’estensione nazionale del meccanismo in vigore nelle città più grandi propugnata da Matteo Renzi e al centro di un progetto di riforma che verrà ufficializzato a metà novembre. Progetto in cui la legittimazione de facto e indiretta del capo del governo trascina con sé la maggioranza, conferendo forza specifica al premier verso i ministri e nei casi di crisi politica.

LO SCETTICISMO DI CASINI SUI COLLEGI UNINOMINALI
Piena consonanza sul percorso di revisione costituzionale viene espressa da Pier Ferdinando Casini. A giudizio del quale “nel lavoro del Parlamento sulle modifiche all’articolo 138 e nell’opera del comitato dei saggi che ha presentato un esito aperto a più sbocchi e prospettive non vi è alcuna forzatura. L’appello all’intangibilità della Carta da parte delle vestali della Costituzione che però dimenticano il valore dell’immunità parlamentare quando si tratta di abolirla fa parte del teatrino politico e della propaganda dei fautori dell’immobilismo e del discredito del ceto politico”.

Riguardo alla forma di governo, al contrario di Violante il leader dell’Udc è convinto sostenitore del Cancellierato tedesco. Ma non demonizza il regime presidenziale, soprattutto nella versione pura nordamericana, “che lungi dall’equivalere alla morte della democrazia esalta il protagonismo del Congresso in politica interna e internazionale”.

Casini non parla apertamente di ritorno a regole proporzionali con le preferenze, bensì di “una legge elettorale in grado di restituire ai cittadini la facoltà di scegliere i rappresentanti, che con la normativa Calderoli hanno subito una trasformazione genetica nella direzione del dilettantismo e della fedeltà muta al capo”. Per l’ex presidente della Camera tale esigenza potrebbe essere soddisfatta anche dai collegi maggioritari, a turno unico o a doppio turno. “Ma il loro limite – rimarca in sintonia con il suo predecessore alla guida di Montecitorio – è che essi non forniscono garanzie di governabilità in un panorama partitico tripolare”. (Public Policy)

EDP