“LIBERARE L’ITALIA”, LE PROPOSTE DELL’ISTITUTO BRUNO LEONI /SCHEDA

0

(Public Policy) – Roma, 29 gen – Gli unici promossi sono i
‘liberisti’ di Fare per Fermare il declino (che giocano in
casa). Appena sufficiente la lista Monti, decisamente
bocciati Pd, Pdl, Movimento 5 stelle, Rivoluzione civile e
Pirati. L’Istituto Bruno Leoni (IBL) dà i voti ai programmi
dei partiti in corsa per le elezioni e distribuisce a
candidati e cittadini un ‘Manuale delle riforme per la XVII
legislatura’ (www.liberarelitalia.it).

Giocano in casa, quelli di Fare, perchè tra i promotori del
movimento guidato da Oscar Giannino ci sono molti del think
tank IBL, come Carlo Stagnaro e Alberto Mingardi. Fatto sta
che su una scala di valutazione dei programmi
(chiarezza/coerenza ed efficacia) da 1 a 5, gli unici che
raggiungono il 4 sono proprio loro; a 3 troviamo i montiani,
a 2 il Movimento 5 stelle, a 1,5 Pd, Ingroia, Pdl e Pirati.

Il nome dato al manuale – ‘Liberare l’Italia’ – è
ambizioso, così come l’obiettivo: ‘Cominciare a risolvere i
problemi strutturali del nostro Paese’. Tagliando la spesa
per raggiungere il pareggio di bilancio, e riducendo le
tasse a partire da Irap e cuneo fiscale. E ancora:
liberalizzazioni e provvedimenti per il settore pubblico e
per alcuni specifici comparti, come giustizia, scuola e
sanità.

DEBITO PUBBLICO
– Il problema: ‘L’Italia – si legge nel Manuale – non è
sempre stato un Paese ad alto debito pubblico. Cattive
politiche di bilancio hanno provocato un rapido aumento del
debito pubblico dagli anni Settanta a oggi, portandolo a
superare i 2.000 miliardi di euro; rispetto al Pil, il
debito pubblico italiano vale circa il 126%; in termini pro
capite, ciò significa che su ciascun cittadino italiano
grava l’equivalente di circa 33.000 euro di debito’.

– La soluzione secondo l’IBL: ‘Lo Stato dispone dispone di
un patrimonio totale stimato in 1.815 miliardi di euro, la
maggior parte del quale disperso tra Regioni, Province e
Comuni; nell’arco di una legislatura è realistico immaginare
di poter vendere asset per un totale di 250-300 miliardi di
euro (di cui circa la metà da società e la restante parte da
immobili), riducendo in misura corrispondente il rapporto
debito/Pil; la vendita di asset pubblici deve diventare
anche un’occasione per fare un’intelligente politica
economica, utilizzando l’uscita dello Stato dall’economia
come strumento di concorrenza per stimolare la crescita
economica.

SPESA PUBBLICA
– Il problema: ‘La spesa pubblica italiana è molto alta, e
ciò è la causa dell’enorme pressione fiscale. Poiché la
spesa è sistematicamente superiore alle entrate fiscali, si
è prodotto negli anni un elevatissimo debito pubblico.

La spesa è concentrata soprattutto sulle pensioni e gli
interessi sul debito, ma è elevata anche in molti altri
ambiti. Per esempio, rispetto alla Germania, l’Italia spende
di più (in proporzione al Pil) nelle seguenti voci: difesa,
ordine pubblico, organi legislativi, esecutivi e
diplomatici, scuola primaria, scuola secondaria, e
sovvenzioni a settori economici quali i trasporti.

La spesa pubblica è al contrario bassa, relativamente alla Germania,
soltanto in una manciata di settori: l’assistenza ai
disoccupati e alle famiglie, e la spesa universitaria’.

– La soluzione secondo l’IBL: ‘Ridurre la spesa
consentirebbe di ridurre la pressione fiscale, aumentando la
competitività dell’economia, e ridurre il debito,
aumentandone la stabilità nel lungo termine. Entrambe le
misure sono fondamentali per la crescita.

Si ritiene che si possa
ridurre la spesa di oltre 6 punti di Pil in 5 anni, anche in
assenza di crescita reale; in particolare, occorre
intervenire su tutte le voci di spesa nelle quali l’Italia
spenda, in proporzione al Pil, più dei Paesi comparabili.

Tale intervento non deve consistere solo in un taglio dei
finanziamenti, ma deve prevedere anche una forte
riorganizzazione dei servizi pubblici, allo scopo di
introdurre adeguati incentivi all’efficienza: per esempio
con la digitalizzazione della Pubblica amministrazione
oppure con riforme della giustizia, della sanità e del
sistema educativo; per ridurre la spesa per interessi è
inoltre necessario abbattere il debito pubblico con una
seria politica di privatizzazioni.

FISCO
– Il problema: ‘Il sistema fiscale italiano è esoso ed
inefficiente. La pressione fiscale è molto elevata (circa il
45%), ma il dato aggregato non fornisce il quadro esatto
della dannosità del sistema fiscale, che dipende anche da
altri fattori (per esempio la sua complessità). L’Italia è
prima in Europa per tassazione sul lavoro e ai primi posti
per tassazione sulle imprese.

Il cuneo fiscale è superiore di 11-13 punti alla media Ocse.
Il sistema fiscale italiano è anche estremamente
macchinoso, richiedendo alle imprese un numero di
adempimenti fiscali e ore-uomo impiegate molto sopra la
media dei Paesi sviluppati. Questi costi si sommano al già
enorme carico fiscale per ridurre ulteriormente la
competitività delle imprese, e quindi la capacità del Paese
di attrarre investimenti e crescere.

Le tasse producono inefficienza perché riducono gli
incentivi a lavorare e produrre. Alcune tasse sono peggiori
di altre in quanto a inefficienza. L’Italia ha una struttura
fiscale particolarmente deleteria per la produttività’.
– La soluzione secondo l’IBL: ‘Si propone di tagliare la
spesa pubblica per finanziare una cospicua riduzione della
pressione fiscale. Ciò dovrebbe avvenire iniziando dalle
tasse su lavoro e impresa, perché accrescerebbe
immediatamente la competitività dell’economia.

In particolare, le misure di riduzione della spesa qui proposte
sono sufficienti a coprire, nell’arco della legislatura,
l’abolizione dell’Irap e una significativa riduzione del
cuneo fiscale.

Altre imposte meno distorsive andrebbero ritoccate solo in
un secondo momento, o temporaneamente aumentate per
finanziare una maggiore riduzione delle imposte più dannose.
È per esempio conveniente soprassedere sulle riduzioni Iva e
Imu per finanziare una riduzione dell’Irpef, dell’Ires o dei
contributi previdenziali. L’Irap andrebbe abolita’.

DIGITALIZZAZIONE DELLA PA
– Il problema: ‘L’Italia si caratterizza per un elevato
grado di arretratezza nell’utilizzo dell’informatica da
parte della Pubblica amministrazione; una maggior
digitalizzazione implica una Pa più trasparente,
un’ottimizzazione del lavoro dei dipendenti e rapporti più
agevoli con gli stakeholder; l’ultimo intervento relativo
all’Agenda digitale è costituito da un insieme di misure
frammentarie che ne riprendono altre già esistenti e mai
implementate e non sembrano efficaci nel razionalizzare e
semplificare i processi; si stima che una maggior
digitalizzazione della Pa consentirebbe di ottenere
possibili risparmi, a regime, tra i 25 e i 31 miliardi di
euro l’anno’.

– La soluzione secondo l’IBL: ‘Adottare il testo unico
dell’identità; rendere cogente l’adozione di documenti
digitali; favorire l’interoperabilità dei dati e tra banche
dati; garantire open data fruibili e semplificazione dei
processi; incentivare lo sviluppo del commercio elettronico;
sfruttare l’Agenzia per l’Italia digitale per sviluppare una
maggiore innovazione e competitività nell’Ict’.

SANITÀ
– Il problema: ‘Il livello della spesa sanitaria, la sua
evoluzione attesa nel tempo in conseguenza
dell’invecchiamento della popolazione e la qualità percepita
del servizio evidenziano criticità che richiedono interventi
strutturali; gli interventi attuati finora vanno nella
direzione di una pianificazione e accentramento sempre
crescenti; la mancata separazione tra funzioni di erogazione
e finanziamento e l’assenza di competizione tra strutture
pubbliche e private sono fonte di conflitti di interesse a
scapito dell’efficienza ed economicità del servizio e
ostacolano la libertà di scelta dei pazienti’.

– La soluzione per l’IBL: ‘Suddivisione tra funzioni di
produzione, erogazione e controllo per evitare conflitti di
interesse; possibilità di escludere le famiglie dotate di un
certo reddito (modulato in base ai componenti) da alcune
forme di assistenza; mettere il paziente al centro del
sistema; remunerazione tramite Rod (Raggruppamenti omogenei
di diagnosi) così da garantire la parità di trattamento tra
pubblico e privato; possibilità di fallimento delle
strutture; obbligo di pubblicità dei bilanci;
informatizzazione della sanità’.

SCUOLA
– Il problema: ‘La qualità della scuola italiana presenta
una forte varianza sul territorio. In particolare nelle
regione meridionali l’apprendimento, secondo i test Ocse, è
nettamente inferiore al livello medio dei Paesi avanzati;
salari e carriere dei docenti non dipendono dai loro
risultati; l’università manca di risorse e non riesce a
distinguersi per qualità dell’insegnamento e della ricerca;

a differenza del sistema scolastico, l’università ha poche
risorse finanziarie; i finanziamenti all’università sono
allocati male e divisi su troppe sedi; scuole e università
italiane non hanno sufficiente autonomia gestionale e
decisionale; l’intero sistema non premia il merito a livello
individuale e non seleziona l’eccellenza’.

– La soluzioni secondo l’IBL: ‘Riconoscere a scuola e alle
università la massima autonomia, ma anche la massima
responsabilità; rimuovere gli automatismi per i salari e per
le carriere del personale; per la scuola, conferire il
finanziamento statale agli istituti sulla base di quote
capitarie; permettere alla scuola di selezionare gli
insegnanti, contrattarne autonomamente il salario e la
carriera; sviluppare un sistema scolastico paritario,
riferendosi al sistema finlandese; permettere all’università
di aumentare le tasse; limitare il finanziamento pubblico ad
un sistema di borse di studio e a sviluppare ‘prestiti
d’onore”.

LIBERALIZZAZIONI
– Il problema: ‘L’Italia è un Paese poco aperto alla
concorrenza; meno concorrenza significa meno crescita e meno
innovazione: quindi meno opportunità per tutti;
liberalizzare vuol dire rimuovere gli ostacoli che
impediscono a nuove imprese di competere e, quindi, far
calare i prezzi, con effetti positivi per gli investimenti,
il potere d’acquisto delle persone e la crescita economica;
si stima che la piena liberalizzazione del settore dei
servizi potrebbe produrre nel lungo termine la crescita
dell’11% del Pil, del 18% degli investimenti, dell’8%
dell’occupazione e del 12% dei salari reali’.

– La soluzione per l’IBL: ‘Rimuovere tutte le norme che
impediscono l’ingresso sul mercato di nuovi concorrenti;
rimuovere tutte le distorsioni di natura fiscale e
amministrativa che scoraggiano l’ingresso di nuovi soggetti
sul mercato; nei mercati in condizione di monopolio tecnico,
introdurre forme di concorrenza per il mercato e/o
regolazione indipendente; imporre la separazione
proprietaria delle reti infrastrutturali dagli operatori di
mercato; rimuovere ogni forma di controllo dei prezzi o di
vincolo ingiustificato alla conduzione dell’attività
imprenditoriale; privatizzare tutte le società pubbliche’.

GIUSTIZIA
– Il problema: ‘Il principale problema della giustizia
italiana è la lentezza dei processi civili, che durano in
media 7 anni e tre mesi; una giustizia lenta è una giustizia
negata, che non garantisce alle persone la tutela del
diritto di difesa; oltre alla violazione del diritto a un
giusto processo, la lentezza della giustizia comporta
l’esborso di miliardi di euro l’anno per la riparazione dei
danni derivanti dall’eccessiva lunghezza dei procedimenti e
la fuga dall’Italia degli investitori, che non hanno un
ambiente normativo certo su cui fare affidamento; la Banca
d’Italia ha stimato che una giustizia ragionevolmente rapida
porterebbe a un aumento del Pil nella misura di un punto
percentuale annuo’.

– La soluzione secondo l’IBL: ‘Responsabilizzare i
magistrati attraverso la riforma della composizione del Csm;
sensibilizzare maggiormente le persone e le imprese a
ricorrere agli strumenti di risoluzione alternativa delle
controversie; riformare il ruolo dei giudici di pace;
eliminare le domiciliazioni; liberalizzare le notificazioni;
diffondere le buone pratiche dei tribunali di Bolzano e
Torino’.

MERCATO DEL LAVORO
– Il problema: ‘Nel 2011 l’8,4% degli italiani era privo di
un’occupazione e gli ultimi dati resi disponibili dall’Istat
(relativi al mese di novembre 2012) registrano un tasso di
disoccupazione superiore all’11%.

Il dato sulla disoccupazione è particolarmente preoccupante per i giovani:
i disoccupati sono il 36,5%. Ugualmente preoccupante è la
differenza tra uomini e donne: il tasso di occupazione
maschile è pari al 66,5%, mentre quello femminile al 47,5%;
simmetricamente la disoccupazione è pari al 10,4% tra gli
uomini e al 12,1% tra le donne.

Il tasso di inattività – cioè coloro che né sono occupati
né cercano un lavoro – è rispettivamente del 25,8%e del
46,1%. Il maggiore freno alla creazione di nuovi posti di
lavoro di qualità è dato dal cuneo fiscale – vale a dire la
differenza tra quanto un lavoratore riceve in busta paga e
quanto sostenuto dal datore di lavoro in termini di costo
del lavoro. In Italia il cuneo fiscale è del 47% ed è
superiore alla media Ocse di 11 punti percentuali’.

– La soluzione secondo l’IBL: ‘Ripristinare le forme
contrattuali flessibili recentemente abolite e facilitare il
ricorso a quelle mantenute in vigore; mettere in discussione
l’articolo 18 sui licenziamenti individuali: a dispetto
della riforma Fornero il sistema rimane rigido, perché
qualunque scelta è di fatto demandata ai magistrati;
assicurare una maggiore offerta di servizi, per esempio una
maggiore accessibilità agli asili nido, e semplificare le
procedure per la creazione di asili nido aziendali;
ripensare il sistema pensionistico, intraprendendo un
cammino di transizione verso un sistema a capitalizzazione
individuale affidato a fondi privati in concorrenza’.
(Public Policy)

GAV