Lo Spillo

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ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Ad errore non si rimedia con errore. In piena emergenza, il governo Monti varava in fretta e furia il “Salva Italia”, al cui interno la riforma delle pensioni applicava un principio giusto – il passaggio dal sistema retributivo al contributivo e il livellamento dell’età pensionabile ai parametri europei – con più di una problematicità.

Oltre alla celebre questione degli “esodati“, c’è pure quella meno conosciuta che riguarda i cosiddetti “quota 96“: 4mila lavoratori della scuola che tra età anagrafica e anni di servizio (per esempio 60+35) avrebbero raggiunto in tempo i requisiti per andare in pensione anche con la riforma Fornero, se solo fosse stato utilizzato il calendario scolastico (31 agosto 2012). La legge sulla previdenza del 2012, imponendo indistintamente per tutti il termine del 31 dicembre 2011, ha invece equiparato i lavoratori con un colpo d’ascia. Sfortuna loro, per qualche mese i “quota 96” hanno perso i privilegi del vecchio sistema, e si sono dovuti allineare ai milioni di italiani sottoposti alle regole del nuovo modello.

Sono cose che succedono quando un sistema viene rivoluzionato, ci sono i casi limite. Da allora, però, diverse proposte di legge sono state avanzate. In particolare da Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio al Senato, per concedere straordinariamente ai lavoratori della scuola di andare in pensione in deroga della riforma Fornero, con un evidente disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri lavoratori del pubblico impiego. Quasi per eterogenesi dei fini la Ragioneria di Stato, bloccando il provvedimento “ad categoriam” per ragioni contabili, ha evitato quindi il perpetuarsi di un privilegio.

Inoltre, un insegnante di 58 anni (nell’ipotesi in cui abbia cominciato a lavorare a 19) può continuare a lavorare ancora a lungo e, anzi, un suo ritiro equivale a bruciare un grande capitale umano di esperienza e saggezza. Se poi lo scopo della deroga fosse stato quello di “far largo ai giovani“, è sempre possibile andare in pensione prima, accettando un beneficio minore pensionistico minore.

Ecco, visto che i “quota 96” non sono “esodati” a cui è stato concesso uno scivolo, ma personale del pubblico impiego equivalente ad altri milioni, perché non possono tranquillamente continuare a lavorare come tutti? Certo, c’è la ragione elettorale delle migliaia di voti che tradizionalmente quel settore scolastico porta ad una specifica parte politica. Ma ci saranno pure logiche meno propagandistiche. O no? (Public Policy)

twitter – @ecisnetto