ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Sommate la sindrome Nimby, un federalismo gonfio di poteri di veto e l’esasperata ricerca del consenso da parte del governo, e avrete come risultato il blocco pressoché totale di ogni strategia energetica. Con un emendamento alla legge di Stabilità l’esecutivo ha ripristinato il divieto di ricerca e produzione di idrocarburi entro 22 chilometri dalla costa (cioè 12 miglia), smentendo sia quanto deciso nello Sblocca Italia che le intenzioni dichiarate solo 2 due settimane fa.
L’inversione di rotta è arrivata dopo la dichiarazione di ammissibilità dei referendum abrogativi indetti da 8 Regioni (Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata, Marche, Abruzzo, Calabria e Veneto). La paura di perdere la consultazione di fronte all’irriducibile oltranzismo ambientalista e l’impossibilità per la segreteria del Pd di aprire scontri con i governatori regionali, infatti, hanno causato la resa incondizionata del governo. Oltretutto, con un repentino dietrofront che, ancora una volta, rende inaffidabile l’Italia agli occhi degli investitori esteri, considerato che questo è il terzo cambiamento in 5 anni.
Per quanto Ragioneria dello Stato e Palazzo Chigi tentino di escludere ogni contraccolpo economico, con questa mossa si perdono investimenti, infrastrutture, indotto, entrate fiscali e royalty che il centro studi Nomisma Energia quantifica in almeno 5 miliardi aggiungendo che però “potrebbero arrivare fino al doppio”. Senza contare eventuali cause legali su ciascuno dei progetti bloccati dall’oggi al domani. Tra l’altro, anche le Regioni favorevoli (come l’Emilia-Romagna, che ospita il polo italiano delle multinazionali dell’ingegneria estrattiva), sono obbligate ad adeguarsi all’oltranzismo antisviluppista versione NoTriv. Insomma, vincono i veti paralizzanti della politica locale, perde il buon senso e, soprattutto, l’economia del Paese.
Oggi, con il petrolio estremamente basso, l’energia che importiamo pesa per il 3% sul pil, ma in condizioni normali arriverebbe al 6%. Eppure, abbiamo riserve che ci permetterebbero come minimo di raddoppiare la nostra attuale produzione. Ma dei numeri e dell’economia non importa a nessuno. Quello che conta sono i voti e i consensi. Così, mentre noi stiamo fermi smentendo noi stessi, la Croazia ha lanciato l’asta per le trivellazioni nell’Adriatico per la ricerca e l’estrazione dei potenziali 3 miliardi di barili di idrocarburi. Poi non lamentiamoci se l’Italia #noncambiaverso. (Public Policy)
@ecisnetto