ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Mistero. Dove saranno finiti i decreti legge approvati dal governo il 13 dicembre, chiamati “Destinazione Italia” e “abrogazione del finanziamento pubblico diretto ai partiti“? Perché sono passati quasi 10 giorni, ma al Quirinale, per la definitiva firma propedeutica alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ancora non sono arrivati. Le Camere avranno poi 60 giorni di tempo per convertire i decreti in legge.
Per adesso però, si apprestano a chiudere i battenti per le feste natalizie. Quindi, appuntamento al 2014, forse. Ma oltre all’attuale latitanza dei provvedimenti, il governo ha contribuito a creare confusione, sia semantica che di contenuto. Prima Enrico Letta infatti annuncia l’abolizione di un finanziamento ai partiti che in realtà non è un’abolizione, ma una riduzione che comunque partirà solo dal 2017. E poi, sul “Destinazione Italia“, con grandi squilli di trombe a settembre l’esecutivo lanciava un “grande piano per attrarre investimenti esteri nel nostro Paese”; un piano che prima è uscito dall’agenda, poi è diventato un collegato del ministero dello Sviluppo Economico alla legge di Stabilità, e infine un decreto legge, ora contumace.
E nel frattempo, invece di attrarre investimenti esteri, ci siamo messi a discutere di “google tax” o “web tax“, prima prevedendo, in sclerotico anticipo sul resto del mondo, l’obbligo di acquisto di prodotti e pubblicità online solo dai titolari di partita iva italiana, e poi modificando una norma (assolutamente inapplicabile), restringendo l’obbligo alla sola vendita di pubblicità. Il tutto nell’incertezza generale e nella sicurezza di allontanare ancor di più i soldi stranieri dal Belpaese.
Insomma, questi sono solo alcuni casi (ma l’elenco potrebbe allungarsi in un attimo: Imu si-Imu no, capannoni industriali che devono pagare, o non devono, mini Imu, Tasi, Tares, Tari, Service Tax, slot machine, infinitesimale riduzione del cuneo fiscale e balletto l’uso dei presunti risparmi della spending review) per evidenziare che a regnare sovrano è il caos, tanto che anche le legge di Stabilità licenziata con il voto di fiducia al Senato, è poi arrivata alla Camera in una versione diversa.
Speriamo solo che ora, nel ultimo e definitivo ritorno a Palazzo Madama, non accada di nuovo. Anche perché ormai a sperare siamo diventati bravissimi. Sperare in delle norme chiare e univoche, in provvedimenti semplici e intellegibili, nella chiarezza fiscale e per una burocrazia affrontabile. Speranze che sembrano sempre più remoti sogni irraggiungibili. Mentre le realtà è un’incertezza da incubo. O un mistero, se preferite. (Public Policy)