di Enrico Cisnetto
ROMA (Public Policy) – Non si tratta solo di liberare energie che già esistono, ma di permettere che se ne creino di nuove.
Il ddl Concorrenza, che sta entrando nella fase decisiva in commissione Industria al Senato, oltre a rimuovere ostacoli normativi e fiscali, dovrebbe avere lo scopo di rendere il nostro Paese meno ostico per chi fa impresa. Soprattutto nel settore dei servizi dove molte sono le potenzialità inespresse – per l’Osservatorio per le liberalizzazioni ammonterebbero a 23 miliardi l’anno – ma molti anche i pericoli, qualora non venga colta l’occasione.
Il terziario in Italia copre più del 74% del Pil e ha un mercato che si aggira intorno ai mille miliardi. Purtroppo, però, per le imprese non è facile operare, come dimostra la relativa classifica della Banca mondiale che ci posiziona al 45° posto nel mondo e al 14° nell’Eurozona.
Non è un caso che il nostro export di servizi sia la metà della Francia e un quarto di Germania e Regno Unito, mentre il saldo commerciale sia negativo per 4,2 miliardi (mentre segna +23,4 per la Germania e +90 per il Regno Unito). Siamo preda di soggetti esteri perché il settore dei servizi non è più solo ad appannaggio dei singoli professionisti, ma richiede strutture organizzate e offerte aggregate di servizi capaci di rispondere un’utenza e ad una domanda sempre più esigente e complessa, come dimostrano le potenti società che già esistono all’estero.
Eppure il giro di affari dei servizi di ingegneria si avvicina ai due miliardi e quello dei servizi professionali e tecnici sfiora i 15. Purtroppo, da quando è possibile (aprile 2013), sono nate meno di 800 società tra professionisti (dati Infocamere) perché permangono incertezze fiscali e normative troppo grandi da essere superate.
La ridotta dimensione, però, oltre a rendere difficile la vita a casa nostra, non consente nemmeno di operare sui mercati internazionali: se non si è grandi, non si va all’estero con successo. Figuriamoci se è difficile superare la forma individuale.
Nel ddl Concorrenza, agli articoli 46 e 47, sono in discussione alcune norme che potrebbero chiarire alcune incertezze e superare gli attuali ostacoli fiscali e normativi che attualmente esistono e bloccano la nascita di nuove società tra professionisti.
Per esempio, per le aggregazioni tra società tra professionisti basterebbe stabilire le stesse regole fiscali che già esistono per tutti gli altri. Una semplice norma a tutela della concorrenza che, evitando ingiustificate discriminazioni, oltre ad evitare che le vecchie norme restino inefficaci, può liberare le potenti energie già esistenti, creandone di nuove.
Così, con quelle, saremo noi ad andare all’estero. (Public Policy)
@ecisnetto