ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Se un’autorità di controllo dice che i suoi stessi controllati sono soggetti a troppe regole, evidentemente qualcosa non va. Giuseppe Vegas, presidente Consob, si è lamentato dei molti vincoli per le nostre banche e, soprattutto, ha invocato un diverso atteggiamento di Bruxelles nei loro confronti.
Come ha sostenuto anche Ignazio Visco, infatti, regole eccessive frenano l’economia e bisogna evitare “in questa fase di incerta ripresa, di attenuare la capacità complessiva di erogare credito”. E in questo caso sono proprio le norme europee a penalizzarci più degli altri, aggravando il già pesante fardello rappresentato da oltre 190 miliardi di sofferenze.
Uno scenario in cui si sommano ritardi italiani e ostilità europea. Prendete la bad bank, che il governo vorrebbe far partire ora che sono in vigore più stringenti vincoli europei rispetto ad un anno fa. Il progetto di Padoan rischia di infrangersi sul divieto comunitario agli aiuti di Stato mentre, sotto diverse forme, gli altri paesi europei hanno già agito con il dovuto anticipo.
Secondo l’Fmi, infatti, in Europa ci sono garanzie pubbliche sul debito bancario pari a 1300 miliardi di euro, con la Germania che per aiutare le banche ha speso il 12,5% del pil, l’Olanda il 17,7%, l’Austria il 11,7%, la Spagna il 7,7% e l’Italia un esiguo 0,2%. Non solo. Gli stress test effettuati dalla Bce per la nascita dell’unione bancaria su 130 banche trovavano inizialmente 25 colpevoli, di cui nove italiani. Poi, dopo gli aumenti di capitale del 2014, nell’ottobre scorso le banche bocciate in casa nostra furono quattro.
Ma, poiché gli esami si riferivano ai bilanci dell’anno precedente, due sono riuscite a sistemarsi solo sul filo di lana, mentre Mps e Carige sono state eccessivamente penalizzate. Che entrambe non venissero da anni di gloria è risaputo, ma è altrettanto risaputo che con l’ultimo cambio di governance e le nuove strategie i problemi sono stati sistemati o sono in via di sistemazione, come testimoniano i margini di guadagno attesi per il futuro. Gli aumenti di capitale sono stati ripetuti e incisivi (l’ultimo della banca genovese è di oggi), ma questo non ha fermato la scure degli insindacabili giudizi di Bruxelles.
I primi di gennaio la vigilanza europea della Bce inviava una lettera in cui preannunciava un nuovo (l’ennesimo) requisito patrimoniale, innalzando l’asticella rispetto a Basilea3, che a sua volta era già inaspriva le regole di Basilea2. Una notizia che ai tempi provocò ingenti perdite in Borsa, specie per Mps che era alla vigilia di un aumento di capitale. Questo eccesso di regole, lungi dall’essere a tutela del risparmio, è andato a danno delle imprese e del sistema economico.
Certo, sarebbe stato meglio se governo e Bankitalia avessero limitato gli interessi non italiani che hanno determinato le eccessive regole e, soprattutto, la loro cervellotica applicazione, ma ormai è cosa fatta. Ora, riportare il sistema a più miti e ragionevoli norme non deve essere fatto per difendere l’italianità, ma per far ripartire credito ed economia senza passare da fessi. (Public Policy)
@ecisnetto